domenica 16 marzo 2014
ho paura, non ho paura
Lettera a un tipo incappottato
Ehi senti, sì dico a te, quello col cappotto scuro, sì quello appena brizzolato, coi capelli ricci, sulla cinquantina con il completo e il cappotto. Non posso usare l’incipit classico di una lettera, perché non mi sei caro, quindi inizio richiamando la tua attenzione.
Ho paura, non ho paura.
Ieri notte ho ascoltato la tua voce prima di vedere la tua faccia.
Ho ascoltato il tuo discorso delirante all’autista della corriera che ci stava portando a Fabriano per prendere il treno. “L’Inghilterra è ricoperta d’oro…ecco perché dovremmo attaccarla. Se no che ci stanno a fare i militari in Italia?”. Eri seduto dietro di me, io stavo cercando di dormire, ma ho sentito tutto. Poi ti sei seduto nel posto di fianco al mio, con il corridoio a separaci.
Ho paura, non ho paura.
Siamo arrivati in stazione e mi hai chiesto un euro per un caffè, “Questo che mi vedi addosso è l’unico vestito che ho”, mi hai detto. Io non ti ho dato nulla. Mancavano una ventina di minuti al mio treno e hai iniziato a girarmi attorno. Poi, quando sono andata al sottopassaggio mi sei corso dietro. E ho capito. Mi sono fermata e ho fatto dietro front. Tu hai continuato e sei rimasto al binario tre per un po’.
Ho paura, non ho paura.
Ho preso il telefono e chiamato una persona per parlare e cercare conforto. Sei restato al binario tre. Quando un’altra persona si è incamminata verso il sottopassaggio l’ho seguita e sono rimasta vicino a lei. Tu te ne sei andato dalla stazione solo per tornare all’ultimo momento per prendere il mio stesso treno. Poi non ti ho più visto.
Ho paura, non ho paura.
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