giovedì 30 ottobre 2008

il "do" (parte seconda)

Il giorno successivo, Claretta, l’alunna più precisina e puntigliosa, aveva portato in classe il suo dizionario e con il ditino indice aveva ripetutamente sottolineato che la parola “do” voleva dire “fare”, quindi non era un fantasmino.

- il fantasmino allora vuol dire fare!

Aveva detto Giannino, una delle piccole pesti della classe. Giovanna aveva fatto un bel respiro e si era buttata nella sua ennesima spiegazione creativa. Il “do” fantasmino aveva un gemello, il “do” verbo. Il primo fungeva da ausiliare, si caricava del peso del tempo grammaticale e guidava le frasi interrogative e negative con sicurezza e spavalderia. Il secondo era un verbo e voleva appunto dire “fare” in senso astratto, tipo fare i compiti. Allora Giannino aveva ribattuto che i compiti non sono affatto astratti perché bisogna farli tutti i giorni. Giovanna era stata salvata dalla campanella e solo allora si era accorta che in lavagna aveva dimenticato di aggiungere la “u” in “you”. Aveva subito corretto l’errore, ma oramai gli alunni erano corsi fuori per la merenda.

a letter to the world

This poem is my letter to the world
Letter - World
that never wrote to me.

A letter is not a Poem -
Can a letter be a poem?
Can a poem be a Letter?

This is my Letter
and it is a letter to the world -
it is waiting for an answer
and the answer is not coming.

Answer waiting
Letter writing

This - yes - is my letter to the world,
a world
that Never wrote to Me.


Inspired by Emily Dickinson's poem "This is my letter to the World" (no. 441, Johnson edition).

mercoledì 29 ottobre 2008

libere università dei precari

si potrebbe fare...costituire luoghi semi-virtuali attraverso i quali trasmettere i saperi, fiumi sotterranei (qualcuno ha in mente la poesia di Coleridge "Kubla Khan"? Ecco fiumi di quel tipo) di sovversione, fiumi di resistenza che, al momento giusto (fra cinque anni? mmmmh forse no), emergeranno e inonderanno un po' del deserto che si sarà formato in superficie...

nasolungo

the smell of a not yet defined character
l'odore di un personaggio non ancora delineato

domenica 26 ottobre 2008

essays

I saggi hanno almeno due vite, una quando li finisci di scrivere, un’altra quando vengono pubblicati. Fra le due vite potrebbero passare mesi, forse anche un anno e tu sei lì che ci ripensi che magari non avresti scritto proprio come hai scritto, che magari avresti citato anche l’altro studioso per consolidare la tua tesi, che invece te ne stai ad attendere, mentre studiosi tuoi colleghi ogni tanto ti dicono, ma quello studio di cui mi parlavi è stato pubblicato? E tu, ehm, non ancora, ma appena lo sarà ti manderò una copia o il link se è online. E aspetti, aspetti logorandoti l’animacorpo. Aspetti sapendo che l’attesa sarà ben più lunga di quello che avevi previsto e allora tutto potrebbe allungarsi ad elastico in un tempo infinito che non si cura della tua precarietà e non bada al tuo cronico bisogno di feed-back.

the walls do not fall

the bone-frame was made for
no such shock knit within terror,
yet the skeleton stood up to it:


the flesh? it was melted away,
the heart burnt out, dead ember,
tendons, muscles shattered, outer husk dismembered,


yet the frame held:
we passed the flame: we woner
what saved us? what for?


from "The Walls Do Not Fall", Trilogy (1944-1946) by H.D. (Hilda Doolittle).

mercoledì 22 ottobre 2008

being roberto saviano

Ispirato a questo articolo di Giuseppe Genna. Dovremmo tutti cercare di essere un po' Saviano.
ps- scusate l'inclinatura, ma l'ho fatto a lavoro in un momento di pausa, il tempo è sempre più tiranno in questo periodo. Comunque l'inclinatura mi fa pensare, la figura sta per cadere, ma non cade, "yet the walls do not fall" direbbe H. D. (Hilda Doolittle).

domenica 19 ottobre 2008

il "do" (parte prima)

Fu quando Giovanna insegnò inglese per un mesetto presso la scuola media Francesco D’Assisi che la diatriba nei confronti del “do” ebbe luogo. Come supplente le ci volle praticamente tutto il mese per imparare i nomi dei suoi alunni, aveva sei classi e non fu facile. La questione del “do” nacque soprattutto nelle classi prime, ma ebbe ripercussioni anche sulle seconde e sulle terze. Gli studenti non riuscivano a capire questo monosillabo che, quando assumeva la funzione di ausiliare, in italiano non veniva tradotto.

- senta prof, ma come si traduce la parola “do”?

- senta prof, ma “do” che significa?

A queste domande Giovanna aveva risposto che il “do” era come un fantasmino che si aggirava per le frasi interrogative e negative inglesi, qualora non ci fosse LUI, il re della foresta, il verbo essere. A volte Giovanna si lasciava trascinare dalla sua immaginazione e si perdeva in invenzioni improbabili che spesso lasciavano gli studenti di stucco. Poi seguivano commenti e risate.

- un fantasmino? E che vuol dire?

- prof, ma per fantasmino intende il calzettino piccino piccino, quello che non si vede?

giovedì 16 ottobre 2008

pacdrawing 1

This series was inspired by Ana Maria Pacheco's sculptures, see here.

what dancers can do

Texas Ballet Theatre is having serious financial problems and its dancers, to save it, have been working as fund raisers in a very creative way. Check the video at this link (thanks to Toba for mentioning it to me).

martedì 14 ottobre 2008

dance programmes

Dance programmes are sometimes neglected entities. They sit there in a corner of a theatre waiting for somebody to pick them up and read them. They are not greatly considered, but they embody that almost permanent trace of an ethereal event, that is dance. They contain dates, technical information and, in some occasion, even the choreographer's intent. They could be precious, they are precious. Long live dance programmes!

the waves (3)

"The petals are harlequins. Stalks rise from the black hollows beneath. The flowers swim like fish made of light upon the dark, green waters. I hold a stalk in my hand. I am the stalk. My roots go down to the depths of the world, through earth dry with brick, and damp earth, through veins of lead and silver. I am all fibre. All tremors shake me, and the weight of the earth is pressed to my ribs. Up here my eyes are green leaves, unseeing."
Virginia Woolf

lunedì 13 ottobre 2008

joan tronto

Sto riflettendo sull'etica della cura di questa pensatrice, secondo la quale si dovrebbe rivedere il concetto di cura nella nostra società, un concetto che viene quasi sempre rilegato alla sfera femminile e al mondo multiculturale delle badanti. Cito dal bell'articolo di Giuseppina Rando pubblicato su Leggere Donna di qualche mese fa (n.134, maggio-giugno 2008):

"Bisogna ri-pensare e considerare la cura come un aspetto fondamentale della vita umana; in altri termini bisogna guardare le persone non come esseri pienamente autonomi ma sempre situati in una condizione di interdipendenza". (p. 27)

Il testo di Tronto a cui si fa riferimento è Confini Morali - Un argomento politico per l'etica della cura, a cura di A. Facchi (Reggio Emilia: Diabasis, 2006), qui una recensione.

The original English version is Moral Boundaries: Political Argument for an Ethic of Care (London: Routledge, 1993). Here is an article by Tronto.

ink series n. 7

domenica 12 ottobre 2008

miss universo

Ho visto da pochi giorni in tv questo spettacolo con una grande Angela Finocchiaro, qui un estratto. Attraverso una modulazione della voce straordinaria e una notevole capacità espressiva, Finocchiaro interpreta svariati personaggi in una storia surreale al centro della quale c'è la fragile Laura e il suo doppio oppressivo e maniacale. Molto divertente. Qui un'intervista.

venerdì 10 ottobre 2008

"tornate ad essere donne"

Questo lo slogan dell'ultima pubblicità della Mercedes-Benz. Carrellata di donne aggressive, maschie, arrabbiate, mostrano braccia ricamate di tatuaggi (cielo che indecenza!), capelli corti e trucco esagerato. Poi giunge lei, la bellina boccolosa col suo abitino rosso, "tanto caruccia". Una bambolina. Che dire? Se i pubblicitari della Mercedes non hanno di meglio da inventarsi, che si leggano almeno l'introduzione de Il secondo sesso (1949) di Simone de Beauvoir. Piccolo rinfreschino:


"Il rapporto dei due sessi non è quello di due elettricità, di due poli: l'uomo rappresenta insieme il positivo e il negativo al punto che diciamo 'gli uomini' per indicare gli esseri umani (...). La donna invece appare come il solo negativo (...)". (p. 15)


"L'uomo dimentica superbamente d'avere un'anatomia, che comporta ormoni e testicoli. Egli intende il proprio corpo come una relazione diretta e normale con il mondo che crede di afferrare nella sua oggettività, mentre considera il corpo della donna appesantito da tutto ciò che lo distingue: un ostacolo, una prigione". (p. 15)


"La donna si determina e si differenzia in relazione all'uomo, non l'uomo in relazione a lei; è l'inessenziale di fronte all'essenziale. Egli è il Soggetto, l'Assoluto: lei è l'Altro". (p. 16)


"Donna non si nasce, lo si diventa. Nessun destino biologico, psichico, economico definisce l'aspetto che riveste in seno alla società la femmina dell'uomo; è l'insieme della storia e della civiltà a elaborare quel prodotto intermedio tra il maschio e il castrato che chiamiamo donna. Unicamente la mediazione altrui può assegnare a un individuo la parte di ciò che è Altro". (p. 325)

boccavorace


Ispirato ad un fatto di cronaca, si veda qui.

giovedì 9 ottobre 2008

'dating' lamentation

1929: Wall Street Crash.

1930: Martha Graham creates and performs one of her enduring masterpieces, Lamentation, a solo piece where the dancer is seated on a bench. Her costume is a stretching tube which creates the choreographic effect. The piece is not about a woman mourning, but rather about pain itself. Out of the purple fabric only the dancer’s face (not her head), her hands and her bare feet emerge. Movements are spare and they mostly consist of torso swinging and arm movements. They represent points, stains of light through which the multiple lines, created by the movement within the costume, relate to each other.

1902: The Flatiron Building is completed. It is a skyscraper in the shape of a triangle. Watching it from different perspectives you can change its silhouette. Lamentation, with its vertical and diagonal lines, recalls the tension created by skyscrapers and the Flatiron building perhaps reflects better than others the lines of tension in the dance.

1995: in his book Dancing Modernism/Performing Politics, Mark Franko notes that Graham in Lamentation seems to be conveying “emotion only after reducing it to formal design (…). The choreographic material of Lamentation is the physical material of grief, not its emotional effects”. (p. 46).

1976: Peggy Lyman dances Lamentation in the “Dance in America” TV series. She is taller than Graham and she expresses deep pain with her body and face.

1300-1500: Many Italian Renaissance painters (Masaccio, Duccio di Buoninsegna, Michelangelo, etc.) devote their art to the representation of the Virgin Mary. Her blue cloak often delineates her figure, her covered head and her suffering for her crucified son, are connectable to Graham’s tormented figure in Lamentation. At the same time, this lone figure also recalls Muslim women and their chador.

1986: Andy Warhol creates a series of serigraphies inspired by photos portraying Graham in her dances. Among them there are also a couple dedicated to Lamentation.

1941: Barbara Morgan publishes her book of photographs dedicated to Graham, Martha Graham: Sixteen Dances in Photographs. Some of those photos will inspire Andy Warhol in his work. Among them the one dedicated to Lamentation.

1980: Morgan’s book is re-edited.

1996: Richard Move first interprets Martha Graham in his evening length performance Martha@. One of his best achievements is precisely Lamentation.

2006: Tate Etc. publishes an article by Deborah Jowitt on the relationship between Graham and sculptor David Smith. One of his works recalls Graham’s Lamentation.

mercoledì 8 ottobre 2008

nie (update from london)

E' online l'intervento di Wu Ming 1, fatto presso la University of London il 2 ottobre scorso, importante shift verso il ruolo che gli scrittori della NIE possono avere nella società odierna.
Qui la trascrizione italiana.
Here the English version.

anna politkovskaya

una donna, una voce da non dimentaicare.

a woman, a voice we should not forget.


Links:
www.annapolitkovskaya.com
articoli
excerpt from A Small Corner of Hell: Dispatches from Chechnya

l'acqua bolle

L’acqua bolle, è ora di buttar giù la pasta…

Dunque questo pezzo lo posso approfondire citando questo tizio qua, poi bisogna che controlli l’altro studioso perché potrebbe essere utile.

L’acqua bolle, è ora di buttar giù la pasta…

Potrei però aggiungere quella riflessione alla quale ho pensato ieri, si, per collegare le due parti.

L’acqua bolle, è ora di buttar giù la pasta…

Devo anche rivedere le note, che diavolo volevo scrivere a pagina 26?

L’acqua bolle, è ora di buttar giù la pasta…

No, il materiale citato con tutte le date da controllare non riesco proprio a farlo oggi, ci penso domani.

L’acqua bolle, è ora di buttar giù la pasta…

Forse potrei inserire l’analisi della coreografia dopo aver parlato del contesto storico, no, forse è più interessante iniziare con la coreografia, qualche movimento, qualche dettaglio sugli interpreti.

L’acqua è finita, la pentola si sta bruciacchiando…

lunedì 6 ottobre 2008

the shakers

The Shakers were a religious sect born in England in the eighteenth century. They subsequently moved to the States where their group flourished and expanded. One of their most enigmatic leaders was Ann Lee, also known as Ann the Word or Mother Ann. She preached absolute chastity among her people. The Shakers’ ritual was characterised by a series of dances and chants in order for the worshippers to shake off their sins. This sect has inspired the work of choreographers such as Doris Humphrey who created a masterpiece of simplicity and intensity in her The Shakers (1931) and, more recently, Tero Saarinen who choreographed Borrowed Light (2005).

sabato 4 ottobre 2008

the waves (2)

"I have filled innumerable notebooks with phrases to be used when I have found the true story, the one story to which all these phrases refer. But I have never yet found that story. And I begin to ask, Are there stories?"
Virginia Woolf

mercoledì 1 ottobre 2008

la studiosa precaria: decalogo sragionato

La studiosa precaria è una mina vagante nel sistema.

La studiosa precaria è invisibile e questa è la sua forza.

La studiosa precaria viaggia fra lingue e linguaggi.

La studiosa precaria è una, trina e avanti fino ad esaurimento numeri (∞).

La studiosa precaria è una che r/esiste.

La studiosa precaria è giovane, ma mica poi tanto.

La studiosa precaria non ha tempo libero.

La studiosa precaria è in assetto di guerra costante.

La studiosa precaria non è una specie in estinzione.

La studiosa precaria ha una relazione atipica con studiose e studiosi non precari.


Liberamente ispirato al saggio di Laura Fantone, “Una precarietà differente: conflitti generazionali e di genere nell’Italia contemporanea”, Posse, giugno 2008.

dancingwords

slmpds e nie

Per chi voglia leggere le mie riflessioni 'a puntate' su Sappiano le mie parole di sangue e New Italian Epic tutte di fila, si veda Carmilla a questo link.

stendalì

Le teste si muovono secondo un ritmo inizialmente cadenzato per poi aumentare in un crescendo ossessivo.
Piccoli salti ripetuti.
Fazzoletti bianchi sventolati sopra la salma.
Nero, tutte vestite di nero, con fazzoletti neri ad incorniciare il viso sofferente.
Le rughe della povertà, le urla della disperazione, i gesti ora accentuati.
Poi il rito femminile del pianto termina e gli uomini portano via il morto.


Ispirato a Stendalì – suonano ancora, breve film sul lamento funebre nella Grecia salentina.