giovedì 30 ottobre 2008

il "do" (parte seconda)

Il giorno successivo, Claretta, l’alunna più precisina e puntigliosa, aveva portato in classe il suo dizionario e con il ditino indice aveva ripetutamente sottolineato che la parola “do” voleva dire “fare”, quindi non era un fantasmino.

- il fantasmino allora vuol dire fare!

Aveva detto Giannino, una delle piccole pesti della classe. Giovanna aveva fatto un bel respiro e si era buttata nella sua ennesima spiegazione creativa. Il “do” fantasmino aveva un gemello, il “do” verbo. Il primo fungeva da ausiliare, si caricava del peso del tempo grammaticale e guidava le frasi interrogative e negative con sicurezza e spavalderia. Il secondo era un verbo e voleva appunto dire “fare” in senso astratto, tipo fare i compiti. Allora Giannino aveva ribattuto che i compiti non sono affatto astratti perché bisogna farli tutti i giorni. Giovanna era stata salvata dalla campanella e solo allora si era accorta che in lavagna aveva dimenticato di aggiungere la “u” in “you”. Aveva subito corretto l’errore, ma oramai gli alunni erano corsi fuori per la merenda.

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