venerdì 19 dicembre 2014

ruins talking (3)

Am not going out this weekend, he said
Don't you want to see me? I said
I don't have any money, he said
We don't have to go out, we can just meet and have a nice time together, I said
Ok, he said
Arrived more than one hour late
Was ok with me
Haven't seen him since

H24 - Acasă


Camera del Commercio, Bari, 9 ottobre 2014, ore 21.15

C’è un gioco di sguardi e prospettive nel mondo delle colf e delle badanti. Guardano la vita delle persone di cui si occupano dal didentro, che è un didentro pieno di paure, insicurezze, disagi e malattie e, allo stesso tempo, vengono guardate come corpi estranei in una società che non si cura più del lavoro di cura. Lo spettacolo H24 – Acasă mette in scena questo gioco di sguardi e mostra, come sottolinea l’ideatrice del progetto Valeria Simone, il modo in cui le nostre (di noi italiani e non solo) famiglie sono cambiate e come sono cambiati i rapporti fra genitori e figli.

E proprio un gioco di sguardi costituisce l’apertura dello spettacolo con sei donne che entrano in scena nell’ingresso della Camera di Commercio di Bari dove, secondo un percorso itinerante, ognuna reciterà o danzerà un pezzo. Parlano tra di loro e poi, accorgendosi della presenza del pubblico, rivolgono verso di noi il loro sguardo, restituendo parte dell’alterità entro la quale vengono spesso confinate.

Adriana Gallo
La genesi dello spettacolo si è sviluppata a partire da diversi incontri e chiacchierate con colf e badanti in carne e ossa che hanno parlato della loro esperienza e del loro vissuto. È questo un metodo che Simone porta avanti da anni per le sue opere (qui un’intervista), perché partire dalla realtà ci permette di comprenderla, accettarla e, in qualche caso, modificarla.

Il primo monologo si intitola “Petra”, è stato scritto da Simone stessa e viene recitato da Adriana Gallo. Siamo in un angolo angusto della struttura, Gallo indossa un abito nero e ha i capelli raccolti in uno chignon. Unici oggetti di scena, una sedia e dei fogli che ripetutamente tenta di attaccare al muro ma che invariabilmente cadono a terra. Il monologo è scandito dalle ore alle quali corrisponde un’attività, una mansione. Curare un corpo umano è come montare una lampada, ma la signora “non puoi accenderla”. La signora di cui si deve prendere cura ha perso la memoria e non la chiama mai usando il suo nome ma con nomi di altre persone. Cosa significa restare accanto ad una persona priva di memoria? Cosa significa accudirla sapendo che le figlie “sono delicate, non la vogliono toccare”? Il senso del tatto, così importante quando si è bambini, si perde strada facendo e diviene barriera nei confronti di genitori che non si è più in grado di toccare. 
Raffaella Giancipoli

Simone ci conduce nello spazio del monologo seguente, “Tra due sponde”, di e con Raffaella Giancipoli. In questo caso, come già sottolinea il titolo del pezzo, ci affacciamo al mondo che molte volte colf e badanti si lasciano alle spalle, ferite che non si rimarginano mai. Nicolaj è il figlio che la protagonista ha dovuto abbandonare per cercare lavoro in Italia, Nicolaj che le chiede di andare via con lei, Nicolaj che vuole infilarsi nella valigia della madre per partire con lei, Nicolaj che non resiste al distacco e che alla fine si uccide. Si chiamano ‘orfani bianchi’ i bambini lasciati dalle madri che vanno a lavorare all’estero e, in molti casi, sopraggiunge la depressione, la nostalgia per la madre assente e il suicidio.


Arianna Gambaccini
Terzo monologo. Cambio di tono. “La vita è un diamante nero” di e con Arianna Gambaccini. Spesso le badanti vengono accusate di sedurre gli anziani e questo monologo affronta il tema con ironia. Rita si trova in tribunale e si rivolge ad un giudice, “mia farfallina ha fatto felice tre uomini” dice senza remore, “facevo, signor giudice, lavoro con amore, facevo anche di più, facevo amore (…). Mia vita è un diamante nero (…). Voi, signor giudice, vedete la straniera e non la donna”. Di nuovo il gioco di sguardi. Come vengono viste le badanti che hanno una relazione o anche solo rapporti sessuali con i loro assistiti? Straniere da tenere alla larga? Straniere che si approfittano degli anziani? È davvero
così? Il monologo divertente e scanzonato ci dice proprio questo, forse si guarda troppo alla straniera senza vedere la donna.


Il quarto monologo propone un nuovo cambio di tono. “Altrove” di e con Annabella Tedone. Domenica mattina, cinque ore di lavoro, passare lo straccio e pensare e parlare del proprio paese, della propria famiglia, del proprio padre, “quando sono diventata grande e bella per mio padre è iniziata la tragedia”. Il padre non accetta la sua libertà, il padre la picchia. Poi il matrimonio e la separazione dalla famiglia. Poi la chiamata del padre e il bisogno di credere al suo gesto di riconciliazione. Poi la scena di un’ennesima violenza resa magistralmente dall’atto ripetuto di sbattere lo straccio bagnato a terra. Zampilli d’acqua come dolore
Annabella Tedone
che fluttua, sangue che scorre. Era incinta e ha perso il bambino. Il flash-back termina e la nostra protagonista prosegue nel raccontarsi e nel dirci che ora in Italia ha un’altra vita, “lavoro e aspetto”, è di nuovo incinta e assieme al compagno chiameranno la bambina Vita. La scena si conclude con “Meraviglioso” di Modugno in sottofondo. E il pubblico fermo e intento a riprendersi dal forte momento di pathos, sembra tornare a respirare. Si sta insinuando dentro di noi che guardiamo e ascoltiamo queste storie la consapevolezza sempre più forte che la loro vita, i loro sguardi ci riguardano molto di più di quanto pensiamo.


Marialuisa Longo
Quinto monologo, il più forte, il più difficile da guardare fino in fondo. “Strika” di e con Marialuisa Longo. C’è un tavolo sul quale sono disposte frutta e verdura, carote, cavolfiori ecc…e un lamento lacerante che scuote anche i nervi più saldi. È un uomo che sta male? Cos’ha? Non viene specificato. Strika indossa un abito chiaro e lungo, indossa un paio di guanti di lattice e inizia a passare un panno sulle verdure. Man mano che la scena prosegue realizziamo che le verdure e la frutta rappresentano un corpo umano, il corpo dell’anziano malato, che diviene paradigma del corpo di tutti i malati, di quei genitori che ora sono corpo che non si vuole toccare e dei quali non ci si vuole prendere cura. Strika non può uscire dalla stanza, Strika indossa delle cuffie, “io posso sopportare”. E poi la richiesta del figlio di uccidere il padre, una richiesta reiterata, una richiesta che Strika fa poi al pubblico, gelato da questo gesto metateatrale. Ora è dentro, ora siamo dentro, ora lo sappiamo che ci riguarda. Ora sappiamo che dobbiamo fare qualcosa per gestire il lamento lacerante. Strika “risolve” il nostro lacerante dubbio e inietta la siringa di liquido mortale nel corpo dell’anziano. È finita. È finita?

Spostarci da questo spazio per raggiungere il cortile è dura. Ultimo monologo, “Tempo sospeso” di e con Belen Duarte. L’assenza di parole che questo monologo danzato ci offre crea un intenso, sottile, raffinato contrasto con il lamento della scena precedente. L’atmosfera è rarefatta e si compone di nostalgia e malinconia. Duarte prende una carta rossa e ritaglia dei cuori, c’è una valigia, simbolo del
viaggio, simbolo dell’andare e dell’allontanarsi da ciò che è caro. Esegue diversi movimenti di equilibrio, piega il torso, si gira, braccia in alto, mano sul viso…gesti delicati, gesti anche spezzati. Prende i cuori ritagliati e li porta verso la valigia, li mette lì dentro, prende di nuovo la carta e ne ritaglia altri. Dove si trova il suo cuore ora? Dove lo ha lasciato? E dove è diretto il suo sguardo?

Belen Duarte


giovedì 18 dicembre 2014

ruins talking (2)

if you say you are fine
it means you are fine
right?

martedì 16 dicembre 2014

ruins talking (1)

the walls did not hold
the walls fell
the walls fell
and the frame d-i-s-s-o-l-v-e-d

(after H.D.)

lunedì 15 settembre 2014

ammoniti

Alcune scoperte ti scivolano addosso senza lasciare traccia, altre si appiccicano al tuo essere e non ti lasciano più. A me è accaduto con le ammoniti, fossili di molluschi che risalgono anche a circa 350 milioni di anni fa. Ne ho scoperto l'esistenza grazie ad un avvincente romanzo, Strane creature di Tracy Chevalier. La loro forma spiraleggiante è divenuta quasi un canto visivo ipnotico per me.

Per questo sono andata a vederle al Museo di Storia Naturale di Macerata e ne sono rimasta estasiata!
Qui alcune foto...




giovedì 4 settembre 2014

Patrizia Valduga a Jesi (Ancona)

"Faccio a pezzi il mio povero pudore
mentre la notte versa il suo veleno"  PV                                  
 
Ascoltare la voce di una poeta come Patrizia Valduga è un vero privilegio.
Il 2 settembre presso la Pintacoteca di Jesi (Ancona), Valduga ha recitato versi tratti dal suo ultimo libro, Libro delle laudi, ha parlato di poesia, di traduzione, di vino e dell'amore. Ha scherzato e deliziato il pubblico con la sua ironia raffinata e decadente e regalato momenti di vera emozione.
L'incontro faceva parte della rassegna Non a voce sola, progetto itinerante che ha toccato varie città delle Marche.


venerdì 27 giugno 2014

lavoro domestico


- Dora, according to this book, domestic work should be paid!
- Holy mackerel, Nora, then we would be stinking rich!

(il libro in questione è di Silvia Federici, Il punto zero della rivoluzione: lavoro domestico, riproduzione, lotta femminista, Verona, ombre corte, 2014).
(the book in question is Silvia Federici's Revolution at point zero: Housework, Reproduction, and Feminist Struggle, Oakland: PM Press, 2012).

martedì 13 maggio 2014

in principio fu il bologna children's book fair 2014

in viaggio...
Nella vita bisogna sempre rimettersi in gioco, qualcuno dice. Ecco perchè il 2014 rappresenta per me un nuovo inizio fatto di tanti progetti che comprendono un libro (che però è ancora in fase di revisione, il titolo però posso dirlo, Letter to the World: Martha Graham danza Emily Dickinson, frutto di più di un decennio di ricerca fra precarietà e studi matti e disperatissimi, qui maggiori info), un progetto sperimentale di insegnamento della lingua inglese (qui il link al blog dove trovate maggiori informazioni) e l'affaciarsi al mondo della traduzione letteraria e dello scouting (di colui o colei che scova libri interessanti non ancora tradotti e li propone alle case editrici). Il tutto all'insegna della precarietà, una condizione che vivo da anni e sulla quale rifletto da tempo (in modo particolarmente ironico, qui).

la Fiera...
Ho sempre tradotto (la semplice esistenza di questo blog bilingue a modo suo, perché alcune cose sono tradotte sia in  italiano che in inglese ma la maggior parte sono o nell'una o nell'altra lingua lo dimostra) ma, fino a pochi mesi fa, la traduzione non mi appassionava molto. Tradurre documenti tecnici o presentazioni di progetti magari per un Comune che ti pagherà (se ti pagherà, ci sono diverse traduzioni che ho fatto nel corso degli anni che non mi sono state pagate) l'anno del mai non è un'espereinza esattamente edificante. Ma navigo nel mondo dello 'stare tra' (lingue, linguaggi, luoghi ecc) da troppo tempo per rinunciare a questa possibilità. Nei miei studi di storia culturale, infatti, mi occupo principalmente del rapporto fra danza e letteratura che, in alcuni casi, può considerarsi una forma di traduzione (il termine giusto è adattamento, ma per ora non mi ci addentro).

L'interesse per la traduzione si è 'scatenato' durante una delle lezioni del corso di traduzione letteraria dall'inglese dello Studio Oblique di Roma, corso bellissimo che ho frequentato lo scorso inverno (febbraio e marzo) con grande passione (eh, lo so, io nella vita dovrei fare la studente, ma vabbè). Traduzione letteraria, dunque. E scouting. Ebbene da dove si comincia? Dallo studio, certo, dalla pratica, quella sempre e poi dalle Fiere dei libri, dove si possono incontrare altri traduttori e trovare contatti con le case editrici.
alcuni cataloghi e info...

La mia prima Fiera in veste di traduttrice e scout è stata la Bologna Children's Book Fair lo scorso marzo, il più importante appuntamento di letteratura per ragazzi al mondo.  Riservato agli addetti ai lavori, è un pullulare di iniziative e di espositori italiani e stranieri. Sono partita con una piccola mascotte (una testa di drago di stoffa coloratissima e un libro splendido, Catasto Magico di Maria Corti). È stata un'esperienza molto stimolante, anche perché la letteratura per ragazzi offre un panorama vastissimo di proposte da non sottovalutare. Ho girato per gli stand, visionato tantissimi libri, visto la mostra sulla danza di cui presto parlerò qui, accumulato un discreto numero di cataloghi di case editrici italiane e straniere, preso diversi contatti e comprato un paio di splendidi libri (anche di questi parlerò in seguito). È stato un inizio coi fiocchi!

mercoledì 7 maggio 2014

dancers and dance books (2)



E a proposito, per chi scrivono gli studiosi di danza?

venerdì 2 maggio 2014

due cose su di me

[for the English version of this, please click here.] 
Sono una storica della danza indipendente.

Sono anche una storica culturale (letteratura, cultura, studi di genere), un'insegnante di lingue (inglese, italiano, spagnolo), una traduttrice (principalmente dall'inglese all'italiano), una fumettista autodidatta, una blogger e un'attivista.
Rosella Simonari, foto M.T. De Roberto.
Sono stata docente a contratto del corso di “Danza e mimo” presso l’Università degli Studi di Macerata (2003-2007). Ne 2012 ho terminato un dottorato di ricerca presso la University of Essex, Inghilterra, con una tesi su Letter to the World di Martha Graham supervisionata da Marina Warner (www.marinawarner.com). Passo antecedente a questo è stato il conseguimento di un Master presso la stessa università, con uan tesi su due adattamenti in danza di Carmen.
Dopo aver conseguito la laurea in lingue presso l’Università di Macerata nel 1999 con Marina Camboni (http://docenti.unimc.it/docenti/marina-camboni), mi sono trasferita a Londra dove ho proseguito gli studi post lauream presso il centro di danza contemporanea Laban (ora TrinityLaban), seguendo il Dance Research Programme (2000) e insegnando italiano in scuole come il Croydon College e il CityLit. Nel luglio del 2002 sono tornata in Italia per motivi familiari e ho deciso di restare insegnando inglese e spagnolo come insegnante privata e supplente nelle scuole pubbliche. nonostante questo ho continuato a viaggiare spesso in Inghilterra per continuare a lavorare ai miei progetti di ricerca frequentando appunto il Master e il dottorato come studente part-time.  
Nel settembre 2003 ho seguito un corso avanzato in “Women’s Studies” presso la NOISE Summer School dell'Università di Utrecht, Olanda, capeggiato dalla filosofa Rosi Braidotti (www.rosibraidotti.com). Nel gennaio 2006 ho terminato un Master’s Degree presso la University of Essex, con una tesi sulla figura di Carmen nella danza. Nel 2006 ho iniziato una ricerca sul danzatore-pittore marchigiano Alberto Spadolini, ricerca che è tuttora in corso. 
Nel 2008 e 2009 ho partecipato con tre brevi saggi (si veda qui) al dibattito sulla New Italian Epic inaugurato dal saggio di Wu Ming 1. Nel settembre 2011 ho collaborato all’organizzazione del festival letterario LaTerrazza letteraria (edting della lettura-performance bilingue de The Good Lion di Ernest Hemingway e presentazione dei libri, in presenza degli autori, Ogni cosa al posto giusto di Alessandro Morbidelli e Almanacco dei giorni migliori di Fabio Rizzoli), a cura di Giuseppina Brunori, Librerie Labotto, Jesi (Ancona).

Ho presentato interventi a conferenze in Italia, Svezia, Olanda, Inghilterra, Scozia, Stati Uniti e Spagna. Ho pubblicato saggi e articoli in inglese, italiano e spagnolo prevalentemente su Martha Graham, Carmen e Alberto Spadolini. Ho organizzato diversi eventi legati alla danza, come conferenze, laboratori, incontri e lezioni spettacolo. Mi avvalgo degli strumenti critici degli studi di genere e degli studi di storia culturale oltre che degli studi in danza. In particolare sono interessata al rapporto fra danza, cultura e letteratura.

Sono attualmente membro della Society for Dance Research (SDR, www.sdr-uk.org). Collaboro in italiano con la rivista Leggere Donna (www.tufani.net) e in inglese ho collaborato per dieci anni con il sito www.ballet-dance.com.
 
Roberto Lori nella lezione spettacolo di Simonari su Spadolini, foto M.T. De Roberto.
Oltre a questo, gestisco altri quattro blog:

È in italiano e si concentra sulla storia della danza in modo più ortodosso rispetto a questo blog, con articoli, recensioni, notizie ecc.
 
www.adancehistory.blogspot.com
E’ in inglese ed esiste dal 2012. E' una specie di alter ego del blog precedente, ma non vi inserirò sempre e solamente le traduzioni che appaiono qui.

Esiste dal gennaio 2014 e si occupa di un nuovo metodo che sto sviluppando per insegnare la lingua inglese attraverso le grandi storie della letteratura e non solo. 

E’ in inglese e italiano ed esiste dall’estate 2009. E’ nato da una costola di dancescriber.blogspot.com ed è dedicato alla striscia da me creata sulla ‘p.s.’, ossia la studiosa precaria. È il frutto ironico di uno studio che sto conducendo sul concetto di precarietà in relazione all’ambiente accademico e non solo.
Potete trovarmi anche su:
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Academia

giovedì 1 maggio 2014

veli d'occidente


Rosella Prezzo, Veli d’Occidente. Temi, metafore, simboli, Milano, Bruno Mondadori, 2008.

In questo breve studio densissimo di riflessioni, analisi e spunti, Rosella Prezzo mostra la complessità che si cela dietro questo oggetto/tessuto-non-tessuto che è anche tema ricorrente nella cultura occidentale, metafora importante in ambito filosofico e non solo e simbolo potente dell’Alterità.

In principio era il velo, ci dice Prezzo, poiché è presente in tutte e tre le maggiori religioni monoteistiche, l’ebraica, la cristiana e l’islamica. Lo stesso termine ‘rivelazione’ ci parla dell’ambiguità e forza significante del velo, “al verbo rivelare diamo in genere il significato di “rimuovere dal velo”, scoprendo qualcosa che era nascosto e può così venire alla luce”. Se nella religione ebraica il velo è simbolo dell’inaccessibilità di Dio, nella religione cristiana il velo viene lacerato da Dio che si fa corpo in Cristo. Nella religione islamica è il velo di Khadija, moglie di Maometto a svelare la presenza divina.

Il velo appartiene all’origine, ma il velo ritorna anche in ambito filosofico con le disquisizioni di Sartre, Rousseau, Kant, Kierkegaard, Nietzsche, Freud e Lacan, laddove il velo viene in più di un’occasione legato al femminile, che vede nel culto di Iside, la dea velata, un’incarnazione importante, “la verità si rivela allora la ‘verità’ dei filosofi, verità sospesa tra virgolette, lievitata sull’illusione, l’incanto, il sogno, la volontà di dominio e il risentimento”.
E il velo che portano le donne? È questa la parte più affascinante del testo, poiché questo è il velo più conosciuto e oggetto di controversie, soprattutto per quanto concerne l’Oriente, o meglio la visione che l’Occidente ne ha fatto. Ma anche in questo caso, il velo è radicato nelle tradizioni di vari paesi del mondo e in Occidente lo ritroviamo sul capo della sposa, come su quello della donna in lutto e sulle suore, spose di Dio. Il velo, in questi casi, segna un limite e un confine, un cambiamento di stato, “il rito del velamento/svelamento nuziale rimanda anche all’origine della filosofia greca, laddove essa s’intreccia strettamente con le culture orientali, in particolare mesopotamica ed egizia”.

Nel Cristianesimo il velo esemplifica la gerarchia tra uomini e donne ed è l’apostolo Paolo di Tarso che nella Prima lettera ai Corinzi, scrive che l’uomo può avvicinarsi a Dio a capo scoperto, mentre la donna deve farlo a capo coperto, se non vuole recare offesa al suo “capo”, il velo è quindi segno della dipendenza della donna dall’uomo, suo intermediario per arrivare a Dio. Il velo è anche “luogo della mente”, dove “si è da lungo fissata l’immagine proiettiva dell’Occidente sull’Oriente islamico”. Il velo diviene centro di scontri e simbolo politico dell’identità islamica. Ma cosa dicono le donne del mondo arabo a tal proposito? Prezzo sceglie quindi di terminare il testo con una bellissima carrellata di voci di tre intellettuali femminili, la marocchina Fatima Merinissi, l’algerina Assia Djebar e la francese algerina Leïla Sebbar, ognuna delle quali decostruisce in modo esemplare i significati del velo e la rappresentazione della donna orientale.