Camera del Commercio, Bari, 9 ottobre 2014, ore 21.15
C’è un gioco di sguardi e
prospettive nel mondo delle colf e delle badanti. Guardano la vita delle
persone di cui si occupano dal didentro, che è un didentro pieno di paure,
insicurezze, disagi e malattie e, allo stesso tempo, vengono guardate come
corpi estranei in una società che non si cura più del lavoro di cura. Lo
spettacolo H24 – Acasă mette in scena questo gioco di sguardi e mostra, come
sottolinea l’ideatrice del progetto Valeria Simone, il modo in cui le nostre
(di noi italiani e non solo) famiglie sono cambiate e come sono cambiati i
rapporti fra genitori e figli.
E proprio un gioco di
sguardi costituisce l’apertura dello spettacolo con sei donne che entrano in scena
nell’ingresso della Camera di Commercio di Bari dove, secondo un percorso
itinerante, ognuna reciterà o danzerà un pezzo. Parlano tra di loro e poi,
accorgendosi della presenza del pubblico, rivolgono verso di noi il loro
sguardo, restituendo parte dell’alterità entro la quale vengono spesso
confinate.
Adriana Gallo |
Il primo monologo si
intitola “Petra”, è stato scritto da Simone stessa e viene recitato da Adriana
Gallo. Siamo in un angolo angusto della struttura, Gallo indossa un abito nero
e ha i capelli raccolti in uno chignon. Unici oggetti di scena, una sedia e dei
fogli che ripetutamente tenta di attaccare al muro ma che invariabilmente
cadono a terra. Il monologo è scandito dalle ore alle quali corrisponde
un’attività, una mansione. Curare un corpo umano è come montare una lampada, ma la signora “non puoi accenderla”. La signora di cui si
deve prendere cura ha perso la memoria e non la chiama mai usando il suo nome
ma con nomi di altre persone. Cosa significa restare accanto ad una persona
priva di memoria? Cosa significa accudirla sapendo che le figlie “sono
delicate, non la vogliono toccare”? Il senso del tatto, così importante quando
si è bambini, si perde strada facendo e diviene barriera nei confronti di
genitori che non si è più in grado di toccare.
Simone ci conduce nello
spazio del monologo seguente, “Tra due sponde”, di e con Raffaella Giancipoli. In
questo caso, come già sottolinea il titolo del pezzo, ci affacciamo al mondo
che molte volte colf e badanti si lasciano alle spalle, ferite che non si
rimarginano mai. Nicolaj è il figlio che la protagonista ha dovuto abbandonare
per cercare lavoro in Italia, Nicolaj che le chiede di andare via con lei,
Nicolaj che vuole infilarsi nella valigia della madre per partire con lei,
Nicolaj che non resiste al distacco e che alla fine si uccide. Si chiamano ‘orfani
bianchi’ i bambini lasciati dalle madri che vanno a lavorare all’estero e, in
molti casi, sopraggiunge la depressione, la nostalgia per la madre assente e il
suicidio.
Arianna Gambaccini |
così? Il monologo divertente e scanzonato ci dice proprio questo, forse si guarda troppo alla straniera senza vedere la donna.
Il quarto monologo propone un nuovo cambio di tono. “Altrove” di e con Annabella Tedone. Domenica mattina, cinque ore di lavoro, passare lo straccio e pensare e parlare del proprio paese, della propria famiglia, del proprio padre, “quando sono diventata grande e bella per mio padre è iniziata la tragedia”. Il padre non accetta la sua libertà, il padre la picchia. Poi il matrimonio e la separazione dalla famiglia. Poi la chiamata del padre e il bisogno di credere al suo gesto di riconciliazione. Poi la scena di un’ennesima violenza resa magistralmente dall’atto ripetuto di sbattere lo straccio bagnato a terra. Zampilli d’acqua come dolore
Annabella Tedone |
Marialuisa Longo |
Spostarci da questo
spazio per raggiungere il cortile è dura. Ultimo monologo, “Tempo sospeso” di e
con Belen Duarte. L’assenza di parole che questo monologo danzato ci offre crea
un intenso, sottile, raffinato contrasto con il lamento della scena precedente. L’atmosfera è
rarefatta e si compone di nostalgia e malinconia. Duarte prende una carta
rossa e ritaglia dei cuori, c’è una valigia, simbolo del
viaggio, simbolo dell’andare
e dell’allontanarsi da ciò che è caro. Esegue diversi movimenti di equilibrio,
piega il torso, si gira, braccia in alto, mano sul viso…gesti delicati, gesti
anche spezzati. Prende i cuori ritagliati e li porta verso la valigia, li mette
lì dentro, prende di nuovo la carta e ne ritaglia altri. Dove si trova il
suo cuore ora? Dove lo ha lasciato? E dove è diretto il suo sguardo? Belen Duarte |
Nessun commento:
Posta un commento