domenica 19 luglio 2009

the p(recarious) s(cholar)


The p.s. is the post scriptum of the Italian University system. She lives at its margin and is almost invisible. She is one of the many examples of p.s.es struggling in an academic world where merit does not exist. She works as a temp prof but to survive and pay for the expenses of her research, she also works in a cafe. She lives with her ‘unconsciously’ misogynist father and brother. It is a 'she' because precarity affects women in a different way with respect to men.
The use of the English language is political as this strip is aimed to travel beyond national borders. The form is as precarious as the content, therefore the style is intentionally imprecise and minimal. The paper I use to draw the strips is common paper of different kinds, like wrapping paper, sketchbook paper or notebook ruled paper.

ps- although she bears some similarities with my life, she is not an authobiographical character.

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La p.s. è il post scriptum del sistema universitario italiano. Vive ai suoi margini ed è quasi invisibile. È uno dei molti esempi di p.s. che lottano in un mondo accademico dove il merito non esiste. Lavora come professore a contratto ma per vivere e pagare le spese della ricerca, lavora anche in un bar. Vive con un padre e fratello 'inconsciamente' misogini. È una 'lei' in quanto la precarietà influisce sulla vita delle donne in maniera diversa rispetto a quella degli uomini.
L’uso dell’inglese è politico poiché l’idea di questa striscia è che viaggi oltre i confini nazionali. La forma è precaria come il contenuto, quindi lo stile è intenzionalmente impreciso e minimale. La carta che uso per disegnare le strisce è carta comune di tipi differenti, come la carta da pacchi, la carta per fare schizzi o la carta dei quadernoni a righe.

ps- anche se ha aspetti in comune con la mia vita, non è un personaggio autobiografico.

4 commenti:

Milo ha detto...

é il manifesto del precarious scholar !
non che la vita per il corrispettivo all'estero sia tutta rose e fiori, ma in Italy ha del kafkiano (tanto per abusare del termine )...
Tu sei "emigrata" per averne fatto il pieno? Però vivi ancora in Italia?
Differente il tuo blog, mi piace!
Ciao! :)

roz ha detto...

Grazie Milo, ho per ora un piede fuori e uno dentro, non so bene che ne sarà di me...questo 'manifesto' rispecchia un po' la situazione disperata di coloro che tentano di fare ricerca in Italia nonostante il sistema ancorato al baronato...

Milo ha detto...

Rispondendo a un tizio (dalla sconcertante somiglianza con Diego Abatantuono) l'altro giorno mi lamentavo che ingiustamente l'Italia sconta la triste fama di paese di mafia per le colpe di pochi che delinquono e che rovinano molte persone oneste. E aggiungevo la solita frase banale prendendomela con lo Stato che non interviene seriamente per combattere la mafia.
"Voi italiani" ha risposto "difficilmente riuscirete ad estirparla. Perché, per voi, È UN FATTO CULTURALE."
Ci sono rimasto male e non ero d'accordo, ho controbattuto, ma ripensandoci...
E il baronato non è altro che una forma mafiosa, che non sparge sangue, ma comunque fa vittime, anche se in un altro senso (fuga di cervelli, appiattimento culturale, arretatezza, ecc) La mentalità è la stessa: mantenere il potere con la prepotenza, associandosi tra adepti e tramandarlo. Incuranti del DANNO.
Ciao!

roz ha detto...

hai ragione Milo, non penso neanche che cambino le cose, ma intanto parlarne è importante...