sabato 16 maggio 2009

qual è il corpo giusto?

Nella puntata appena trascorsa di Italian Academy 2 è uscita di scena Lesile, una danzatrice penalizzata per la sua fisicità non in linea con lo standard richiesto. Durante la settimana prima della diretta, Luigi Martelletta, il maestro di danza classica, ha sferzato un attacco inaudito nei suoi confronti, accusandola di non voler perdere peso, di non impegnarsi abbastanza per farlo (qui uno spezzone). In puntata ha sottolineato che la danza è come lo sport, esige molto dal fisico. Queste affermazioni sono state contestualizzate e contestate (da Susanna Beltrami, per esempio o da Luciana Svignano) in puntata, ma restano, a mio avviso, macigni enormi sul cuore di Lesile che appunto ora non fa più parte del programma. Questo evento mi porta a ragionare in modo inusuale, partendo da diverse parole-chiave:

danza-corpo-donna: la danza, nell’immaginario collettivo, di solito viene associata al corpo femminile che deve rispettare certi canoni di bellezza oltre che, in teoria, di bravura. Per bellezza si intende proporzione delle forme e magrezza che rasenta a volte l’anoressia (soprattutto per le ballerine di danza classica, questa è una questione molto complessa che non ho tempo di fare ora, spero di poterci tornare). La bellezza, però, non ha un significato unico e standard, esistono molti tipi di bellezza (si vedano gli esempi dati da tanta danza contemporanea) che però non rientrano di solito nei canoni e quindi portano all'esclusione o all'inclusione per eccezione (bellezza atipica, particolare);

danza-sport: la danza non è uno sport. Che sia chiaro. Lo sport si basa su di una competizione, la danza sul bisogno, capacità di esprimere qualcosa a qualcuno (che sia una divinità, un pubblico, la strada);

danza classica: danza che impone i suoi schemi (o figure) sul corpo umano. Danza per questo enormemente difficile e di piacevole impatto visivo. Il problema è che troppo spesso la si considera come il metro di giudizio della danza in toto e questo comporta discriminazioni assurde. A mio avviso questo atteggiamento chiude il mondo della danza in se stesso e ne limita fortemente le possibilità espressive;

danza-disabilità: Martelletta ha menzionato danzatori diversamente abili (per esempio senza gambe, forse pensava a David Toole) sottolineando che il loro movimento può essere splendido. Il confronto fra questi danzatori e il corpo di Leslie non ha molto senso (mi riserbo la possibilità di ritornarci), è come dire, se Lesile non avesse le gambe che ha potrebbe comunque fare danza in quel contesto;

danza-costume: Martelletta ha sottolineato come il costume morbido di Lesile (una camicia lilla e pantacollant nere) non fosse stato scelto a caso. Altra violenza incredibile! Il costume nella danza ha una sua valenza, è una seconda pelle (non nel senso che deve per forza aderire al corpo), in un intervento l’ho definito come un partner ideale per chi danza. Si veda Peggy Lyman in Lamentation (coreografia di Martha Graham del 1930) per capire cosa può fare un costume al movimento;

il movimento: come ho già detto a questo evento, “la bellezza non ha a che fare con un corpo bello che si muove, ma con il movimento di un corpo. L’accento è sulla bellezza del movimento non necessariamente del corpo che esegue il movimento stesso”(il butoh insegna). La tecnica (classica, contemporanea, hip hop, flamenco, tango, Graham eccetera) è importante fino a quando non opprime o manca di rispetto al corpo che la utilizza;

il peso: la danza classica annulla il senso della forza di gravità, c’è una tensione verso l’alto (vedi scarpette da punta, indossate e utilizzate solo dalle donne) nella danza contemporanea dipende (nella tecnica Graham c’è un rapporto dialogico con il pavimento e la forza di gravità viene sfruttata, non annullata).

3 commenti:

Monica ha detto...

ciao ... non so quale sia il corpo giusto. forse il problema è che vogliono farci credere che ci sia. lo dico con lo spirito di una che lavora con il corpo e con i corpi (psicomotricista) e spasso con i corpi dei disabili.
belli, a mio dire, nella misura in cui possono esprimersi.

a me non piace la danza classica, troppo impalata in se, nei suoi corpi fissati ed ingessati dalle posture, e alla fine (per me e solo per me) inespressiva.
ma è quello che ci fanno credere, o che la danza sia quella che fanno le veline sventolando seni e sederi, come se la seduzione sessuale fosse l'unica espressività concessa alle donne e al loro corpo.

ciao monica

roz ha detto...

ciao Monica, anch'io credo che non esista il corpo giusto, come dici tu purtroppo in tv o nei media spesso non c'è una terra di mezzo, o si è angeli o si è diavoli (un po' come accadeva nel Romanticismo), mentre la danza offre spettri di rappresentazione e presentazione del corpo molto più ampi, ultimamente in Francia sta facendo discutere un lavoro del coreografo Thomas Lebrun, "Itinéraire d'un danseur grassouillet" (Itinerario di un danzatore grassottello), dove un danzatore appunto grassottello (assieme ad altri danzatori) danza mettendo in discussione le aspettative del pubblico in sala.

roz ha detto...

rimando al blog id Loredana Lipperini per un dibattito su questo post: http://loredanalipperini.blog.kataweb.it/lipperatura/2009/05/18/post-e-postille/