Da un po’ di tempo a questa parte, il filone delle serie televisive ispirate al mondo della scuola si è moltiplicato in numerose varianti: Provaci ancora prof! (2005) con Veronica Pivetti che è arrivato alla sua terza serie, I liceali (2008) con Giorgio Tirabassi nei panni di un prof di provincia che si ritrova ad insegnare in un liceo di Roma e ‘O Professore (2008) con Sergio Castellitto incentrato su di una scuola speciale volta al recupero di studenti disagiati.
Questi tre esempi mostrano i problemi che ruotano attorno alla scuola, ma sembrano omettere riferimenti alla scuola stessa che diviene mero pretesto, sfondo narrativo peraltro piuttosto idealizzato. In questa sede non si vuole riflettere sulle capacità attoriali dei protagonisti o l’originalità (qualora ve ne fosse) delle storie. Si intende guardare all’immagine che della scuola viene data.
In tutti e tre i casi, la figura del professore è presentata come quella di un eroe che va controcorrente e che ha la capacità di risolvere le situazioni difficili di ogni puntata. Per esempio in Provaci ancora prof!, la prof Camilla Baudino (Veronica Pivetti) aiuta il commissario di polizia Gaetano Berardi (Paolo Conticini) a risolvere le indagini dell’omicidio di turno oltre che consigliare i suoi studenti su come cavarsela. Inoltre, la materia di insegnamento è sempre l’italiano, come a dire che le altre materie non potrebbero essere credibili come portatrici di valori ‘sani’ o potenzialmente controcorrente. Un altro aspetto trascurato è quello della precarietà che avvolge il sistema scolastico da decenni e che mina costantemente la continuità didattica. I prof ritratti nelle suddette serie non sono dei precari, hanno mille problemi da risolvere, ma sono figure salde alla loro cattedra. Ancora, gli stranieri sembrano assenti dal corpo studentesco, quando la popolazione scolastica vanta una multiculturalità pronunciata già da tempo. Infine, l’aspetto forse più importante, la didattica, ossia l’arte di insegnare. Essa è praticamente assente dalle storie e, i pochi riferimenti, si rifanno ad un sistema obsoleto fatto di nozionismi e interrogazioni vecchio stile.
Insomma, la scuola di queste serie è una scuola piena di stereotipi e non entra nel merito di quello che il mondo della scuola è. Diverso è il caso di alcuni film americani che, in qualche modo, hanno forse ispirato le figure romantiche dei prof sopra menzionati. Nello specifico, Dead Poets Society (1989), in Italia tradotto con L’attimo fuggente con Robin Williams, Mona Lisa Smile (2003), con Julia Roberts e il più recente Freedom Writers (2007), con Hillary Swank. In questi film, la didattica è centrale ed è il perno su cui si sviluppa la trama del film. Celeberrima è la scena in cui il prof Keating (Robin Williams) chiede ai suoi studenti di strappare le pagine dal libro di testo, un gesto di importante critica verso la visione desueta di una didattica basata su nozioni, piuttosto che sul ragionamento.
E poi c’è il movimento. Nelle serie tv sopra menzionate, gli studenti, quando in classe, tendono a restare seduti, se non vanno alla lavagna per l’interrogazione. Ne L’attimo fuggente il prof Keating, fa alzare i suoi studenti, li fa salire sopra i banchi e, se li chiama in cattedra, è per sconvolgerli e tirar fuori la loro personalità, il loro spirito critico. In Freedom Writers, la prof Erin Gruwell, in uno dei momenti di svolta del film, segna lo spazio della classe a metà con un nastro adesivo rosso e chiede agli studenti di fare dei passi in avanti qualora la risposta alle sue domande risulti affermativa. Questo esercizio trasforma la classe, divisa per etnie e culture, in un gruppo compatto, che può quindi condividere eventi e tragedie comuni, che porteranno alla scrittura del diario collettivo appunto dei “Freedom Writers”. Il movimento contribuisce a rafforzare la didattica inusuale adottata da questi insegnanti e a coinvolgere gli studenti. Il movimento…
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