Nell'ultimo numero di Grazia (n. 35, 1/9/2008), c'è un'intervista ad Alessandro Baricco. L'ultima domanda riguarda il rapporto fra letteratura e cinema: "sono amici o nemici?" gli chiede Margherita Ferrandino. Baricco risponde che "stanno ognuno per conto proprio, comunicano da lontano...". Non sono molto d'accordo con questa affermazione. Sin dall'inizio della storia del cinema, i due si son presi a braccetto, mi viene in mente A Burlesque on Carmen (1915) di Charlie Chaplin per fare un nome. Che dire inoltre degli 'effetti cinematografici' di certe opere narrative, come la struttura del collage ideata da John Dos Passos in Manhattan Transfer (1925)?
Il dialogo fra letteratura e cinema è fertile e continuo, non si guardano da lontano, ma si insinuano l'una nell'altro e viceversa in uno scambio continuo di suggestioni e tecniche. Non si dovrebbe neanche parlare di quale dei due sia più rilevante per l'altro. Tuttora, dopo aver visto un film ispirato ad un libro, si dice, "il libro era meglio". In realtà sono due mezzi di comunicazione differenti e ognuno di loro ha delle specificità che l'altro non possiede. C'è tutta una letteratura che si sta sviluppando sull'argomento, in ambiente angloamericano viene chiamata 'adaptation' e vanta numerosi studi. Uno dei più recenti è quello di Linda Hutcheon, A Theory of Adaptation (New York: London, 2006), che allarga il quadro anche ad altri rapporti quali quello della letteratura con l'opera.
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