mercoledì 29 aprile 2009
accade in letteratura ...e non solo: new italian epic, letteratura, danza e altre arti (2)
Letteratura e altre arti
Nel delineare una mappatura della New Italian Epic, Wu Ming 1 sottolinea come l’epicentro sia “nello specifico letterario, in ciò che distingue la letteratura dalle altre arti” (Wu Ming 1, 2009: 21). Secondo Wu Ming 1 “in letteratura le immagini non sono già date” (Wu Ming 1, 2009: 21) e questo aspetto permette al lettore di immaginare, di partecipare e co-creare assieme allo scrittore l’opera in questione, mentre in altre arti come il cinema le immagini sono già date e allo spettatore viene chiesto di guardare. Secondo questa differenziazione, arti come il cinema non mettono in moto la capacità degli spettatori di co-creare, essi sono ‘solo’ chiamati a guardare, spectare, come l’etimologia del termine suggerisce. Sembra quindi che tutto ciò che è visivo non sia così stimolante come l’atto di lēgere, raccogliere. Sembra che le arti visive (teatro, danza, cinema ecc.) non lascino spazio all’immaginazione. Con questo assunto Wu Ming 1 esalta il ruolo della letteratura come privilegiata rispetto alle altre arti, creando una divisione di carattere binario. Questa asserzione viene ripresa da Marco Amici nel suo saggio “Il fronte davanti agli occhi. Alcune riflessioni sul New Italian Epic”. Anche Amici sottolinea “l’opposizione dello sguardo del lettore (attivo, critico, creativo) e quello dello spettatore (passivo)” (Amici, 2008), esaltando il potere della letteratura di interpretare il “nostro tempo, grazie alla sua irriducibilità alle dinamiche dei flussi” (Amici, 2008). In questa sede non si vogliono criticare le affermazioni di Wu Ming 1 e di Amici di per se stesse, ma le si intende prendere come punto di partenza per parlare del rapporto fra New Italian Epic, letteratura e altre arti, con particolare riferimento alla danza, che è l’oggetto della mia ricerca da un po’ di tempo.
Sia l’atto di leggere che l’atto di guardare hanno a che fare con una questione visiva. Come ha mostrato Marshall McLuhan, l’invenzione della stampa ha rivoluzionato la cultura occidentale con la creazione dell’essere umano tipografico e la tirannia della lingua scritta (McLuhan, 1962, si veda anche Ong, 2002). La letteratura e, soprattutto il romanzo, hanno fortemente beneficiato di questo cambiamento. L’impatto che il romanzo ebbe nel Settecento fu dirompente con una ‘febbre da lettura’ che venne additata come pericolosa (Littau, 2006: 39). Prima di questa rivoluzione, la lettura era una ‘performance’ che veniva fatta ad alta voce e in compagnia, era un atto collettivo che richiedeva una partecipazione del corpo attraverso la voce. Con l’invenzione della stampa e l’avvento di Luteranesimo e Protestantesimo, il leggere divenne una pratica individuale fatta in silenzio e questo agevolò l’aspetto più riflessivo ora connaturato a questo campo (Littau, 2006: 37). Nonostante ciò, l’atto di leggere ha a che fare con l’incontro e la compresenza di corpi, il lettore e il testo (Littau, 2006: 2). Al pari del guardare, esso non è solo una questione di immaginare, interpretare o riflettere, ma anche di sentire, percepire (con) il proprio corpo. Il lettore non è una figura astratta, ma un essere in carne e ossa che si commuove, che si lascia trasportare e, a volte, anche ingannare da un testo. Il rapporto scrittore-lettore esemplificato da Wu Ming 1 è forse un po’ troppo idealizzato e assolutizzato.
L’atto del guardare è complesso e caratterizzato da una reazione più che da una riflessione. Siamo in questo caso nella sfera della percezione che viene di solito considerata inferiore rispetto a quella intellettiva. Come sottolinea Nicholas Mirzoeff “la cultura occidentale ha costantemente privilegiato la parola scritta come la più alta forma di pratica intellettuale e considerato le rappresentazione visive come illustrazioni di seconda mano delle idee” (Mirzoeff, 1999: 6). Questo non è dovuto solo all’atto medesimo, ma anche al contesto in cui viene fatto. A differenza del lettore, lo spettatore accetta una specie di patto che lo porta ad essere in un determinato luogo (cinema, teatro o altro spazio, anche la tv in maniera diversa) ad una certa ora per accogliere gli stimoli della performance. Ciò permette una fruizione diversa e limitata rispetto alla lettura che può essere fatta in diversi luoghi oltre che a casa secondo le proprie esigenze. L’atto di guardare, specie se rivolto ad uno spettacolo teatrale o coreutico, implica la co-presenza di attori, danzatori e spettatori. Tra loro si instaura un’empatia che in qualche modo contribuisce a determinare la riuscita della performance. Il concetto di presenza è il riconoscere l’altro come una persona “che esiste contemporaneamente a noi e notare che egli rientra nel raggio dei nostri sensi” (Bazin, 1951: 409). La danza poi non usufruisce quasi mai dell’ausilio della parola, per cui l’empatia si ha soprattutto attraverso i corpi. Lo spettatore non è passivo, il battere o meno le mani durante lo spettacolo e/o alla fine, il fischiare, il lanciare oggetti o altro, il lasciare il proprio posto prima della fine della performance, tutti questi elementi comportano una agency che influenza la rappresentazione (e che prosegue anche dopo la rappresentazione stessa). Si pensi all’esordio funesto de La sagra della primavera nel 1913, quando lo stile en dedans di Nijinskij e la musica di Stravinskij sconvolsero il pubblico di allora che reagì con urla e fischi. Il guardare non è privo di immaginazione e non ha solo a che fare con immagini prefissate, esse possono essere di diverso tipo e stimolare l'immaginazione oltre che far riflettere. La modern dance e, nello specifico, la danza di Martha Graham degli anni Trenta, portarono ad un cambiamento radicale nel modo di concepire la danza, che non venne più vista solo come arte di intrattenimento, ma come "istituzione sociale" (espressione presa in prestito da Susan Bennett a proposito di Brecht, Bennett, 1997: 22) e culturale. Le caratteristiche specifiche di arti come la danza, il teatro e il cinema ne fanno arti di tipo collettivo e di difficile produzione in termini di costi e investimenti come ha già sottolineato Alessandro Pardi (2008). La danza, in particolare, è un’arte tuttora marginalizzata e priva di strutture e regolamentazioni che ne permettano una visibilità e fruizione maggiori. Per questo forse l’epicentro più importante della New Italian Epic è letterario e non coreutico. Per questo l’opera di video danza Omaggio ad Alda Merini, che è un lavoro in risonanza con la New Italian Epic, non ha ragione di essere distribuita, in quanto venderebbe pochissime copie. Nonostante questo, sia nel campo della danza, soprattutto contemporanea, che in altri campi, come quello del teatro e dei fumetti, si possono rintracciare altri epicentri della nebulosa.
Nel delineare una mappatura della New Italian Epic, Wu Ming 1 sottolinea come l’epicentro sia “nello specifico letterario, in ciò che distingue la letteratura dalle altre arti” (Wu Ming 1, 2009: 21). Secondo Wu Ming 1 “in letteratura le immagini non sono già date” (Wu Ming 1, 2009: 21) e questo aspetto permette al lettore di immaginare, di partecipare e co-creare assieme allo scrittore l’opera in questione, mentre in altre arti come il cinema le immagini sono già date e allo spettatore viene chiesto di guardare. Secondo questa differenziazione, arti come il cinema non mettono in moto la capacità degli spettatori di co-creare, essi sono ‘solo’ chiamati a guardare, spectare, come l’etimologia del termine suggerisce. Sembra quindi che tutto ciò che è visivo non sia così stimolante come l’atto di lēgere, raccogliere. Sembra che le arti visive (teatro, danza, cinema ecc.) non lascino spazio all’immaginazione. Con questo assunto Wu Ming 1 esalta il ruolo della letteratura come privilegiata rispetto alle altre arti, creando una divisione di carattere binario. Questa asserzione viene ripresa da Marco Amici nel suo saggio “Il fronte davanti agli occhi. Alcune riflessioni sul New Italian Epic”. Anche Amici sottolinea “l’opposizione dello sguardo del lettore (attivo, critico, creativo) e quello dello spettatore (passivo)” (Amici, 2008), esaltando il potere della letteratura di interpretare il “nostro tempo, grazie alla sua irriducibilità alle dinamiche dei flussi” (Amici, 2008). In questa sede non si vogliono criticare le affermazioni di Wu Ming 1 e di Amici di per se stesse, ma le si intende prendere come punto di partenza per parlare del rapporto fra New Italian Epic, letteratura e altre arti, con particolare riferimento alla danza, che è l’oggetto della mia ricerca da un po’ di tempo.
Sia l’atto di leggere che l’atto di guardare hanno a che fare con una questione visiva. Come ha mostrato Marshall McLuhan, l’invenzione della stampa ha rivoluzionato la cultura occidentale con la creazione dell’essere umano tipografico e la tirannia della lingua scritta (McLuhan, 1962, si veda anche Ong, 2002). La letteratura e, soprattutto il romanzo, hanno fortemente beneficiato di questo cambiamento. L’impatto che il romanzo ebbe nel Settecento fu dirompente con una ‘febbre da lettura’ che venne additata come pericolosa (Littau, 2006: 39). Prima di questa rivoluzione, la lettura era una ‘performance’ che veniva fatta ad alta voce e in compagnia, era un atto collettivo che richiedeva una partecipazione del corpo attraverso la voce. Con l’invenzione della stampa e l’avvento di Luteranesimo e Protestantesimo, il leggere divenne una pratica individuale fatta in silenzio e questo agevolò l’aspetto più riflessivo ora connaturato a questo campo (Littau, 2006: 37). Nonostante ciò, l’atto di leggere ha a che fare con l’incontro e la compresenza di corpi, il lettore e il testo (Littau, 2006: 2). Al pari del guardare, esso non è solo una questione di immaginare, interpretare o riflettere, ma anche di sentire, percepire (con) il proprio corpo. Il lettore non è una figura astratta, ma un essere in carne e ossa che si commuove, che si lascia trasportare e, a volte, anche ingannare da un testo. Il rapporto scrittore-lettore esemplificato da Wu Ming 1 è forse un po’ troppo idealizzato e assolutizzato.
L’atto del guardare è complesso e caratterizzato da una reazione più che da una riflessione. Siamo in questo caso nella sfera della percezione che viene di solito considerata inferiore rispetto a quella intellettiva. Come sottolinea Nicholas Mirzoeff “la cultura occidentale ha costantemente privilegiato la parola scritta come la più alta forma di pratica intellettuale e considerato le rappresentazione visive come illustrazioni di seconda mano delle idee” (Mirzoeff, 1999: 6). Questo non è dovuto solo all’atto medesimo, ma anche al contesto in cui viene fatto. A differenza del lettore, lo spettatore accetta una specie di patto che lo porta ad essere in un determinato luogo (cinema, teatro o altro spazio, anche la tv in maniera diversa) ad una certa ora per accogliere gli stimoli della performance. Ciò permette una fruizione diversa e limitata rispetto alla lettura che può essere fatta in diversi luoghi oltre che a casa secondo le proprie esigenze. L’atto di guardare, specie se rivolto ad uno spettacolo teatrale o coreutico, implica la co-presenza di attori, danzatori e spettatori. Tra loro si instaura un’empatia che in qualche modo contribuisce a determinare la riuscita della performance. Il concetto di presenza è il riconoscere l’altro come una persona “che esiste contemporaneamente a noi e notare che egli rientra nel raggio dei nostri sensi” (Bazin, 1951: 409). La danza poi non usufruisce quasi mai dell’ausilio della parola, per cui l’empatia si ha soprattutto attraverso i corpi. Lo spettatore non è passivo, il battere o meno le mani durante lo spettacolo e/o alla fine, il fischiare, il lanciare oggetti o altro, il lasciare il proprio posto prima della fine della performance, tutti questi elementi comportano una agency che influenza la rappresentazione (e che prosegue anche dopo la rappresentazione stessa). Si pensi all’esordio funesto de La sagra della primavera nel 1913, quando lo stile en dedans di Nijinskij e la musica di Stravinskij sconvolsero il pubblico di allora che reagì con urla e fischi. Il guardare non è privo di immaginazione e non ha solo a che fare con immagini prefissate, esse possono essere di diverso tipo e stimolare l'immaginazione oltre che far riflettere. La modern dance e, nello specifico, la danza di Martha Graham degli anni Trenta, portarono ad un cambiamento radicale nel modo di concepire la danza, che non venne più vista solo come arte di intrattenimento, ma come "istituzione sociale" (espressione presa in prestito da Susan Bennett a proposito di Brecht, Bennett, 1997: 22) e culturale. Le caratteristiche specifiche di arti come la danza, il teatro e il cinema ne fanno arti di tipo collettivo e di difficile produzione in termini di costi e investimenti come ha già sottolineato Alessandro Pardi (2008). La danza, in particolare, è un’arte tuttora marginalizzata e priva di strutture e regolamentazioni che ne permettano una visibilità e fruizione maggiori. Per questo forse l’epicentro più importante della New Italian Epic è letterario e non coreutico. Per questo l’opera di video danza Omaggio ad Alda Merini, che è un lavoro in risonanza con la New Italian Epic, non ha ragione di essere distribuita, in quanto venderebbe pochissime copie. Nonostante questo, sia nel campo della danza, soprattutto contemporanea, che in altri campi, come quello del teatro e dei fumetti, si possono rintracciare altri epicentri della nebulosa.
lunedì 27 aprile 2009
la danza nel due
Non ho tempo per un commento articolato sulla diretta di Italian Academy 2, andata in onda sabato scorso, ma una cosa importante la devo dire. La divisione in coppie etero è una violenza sull'arte della danza, è un limitare il senso dei passi e delle possibilità espressive. E' come dire che la danza è un rapporto di coppia fra un maschio e una femmina, punto, non c'è altro. Lo trovo asfissiante e in linea con il ritorno ad una re-genderation che schiaccia la produzione dei simboli sul numero due e sul concetto di etero. Per carità!
the room of one's own
"Forget the room of one's own - write in the kitchen, lock yourself up in the bathroom. Write on the bus or the welfare line, on the job or during meals, between sleeping or waking."
Gloria Anzaldúa
Writing, drawing, dancing, dancescribing
the room of one's own could be precious
if you had time to create
the room of one's own can become a prison
if you do not have time to eat
you need to break the walls of this room
and let your creativity spread around you
pollute the air
with your gesture
contaminate people
with your words...
Gloria Anzaldúa
Writing, drawing, dancing, dancescribing
the room of one's own could be precious
if you had time to create
the room of one's own can become a prison
if you do not have time to eat
you need to break the walls of this room
and let your creativity spread around you
pollute the air
with your gesture
contaminate people
with your words...
venerdì 24 aprile 2009
accade in letteratura ...e non solo: new italian epic, letteratura, danza e altre arti (1)
Immagine a infrarossi in verde acido, primo piano di una donna dagli occhi evidenziati dall’eye-liner nero, il suo volto, incorniciato dai ricci dei capelli, è incollato alla superficie di un tavolo. Guardando verso la telecamera recita i versi di una poesia di Alda Merini, “Laggiù dove morivano i dannati”. Questa è una delle scene iniziali di Omaggio ad Alda Merini (2001), opera di video danza della Luna Dance Company. Non molti la conoscono in quanto non è in commercio (anche se ora è online al link sopra indicato). Questo non è un fatto secondario, bensì centrale nel discorso che vorrei fare su New Italian Epic, letteratura, danza e altre arti, sulla relazione fra loro, sulla loro in/visibilità. È diviso in due parti, una dedicata al rapporto fra letteratura e altre arti con particolare riferimento alla danza, un’altra che apre il discorso NIE oltre la letteratura con esempi vari.
mercoledì 22 aprile 2009
due o tre cose su amici e italian academy 2
Premessa numero uno: non mi interessa parlare di ciò che fa audience, di ciò che può o meno interessare il pubblico. Il mio problema con questi programmi è che mostrano solo la punta dell’iceberg del mondo della danza e lo fanno spesso in modo superficiale, come ho in parte spiegato qui.
Premessa numero due: non metto in discussione la preparazione tecnica dei giudici o prof dei due programmi (che sono appunto degli esperti del linguaggio della danza, non esperti della cultura della danza, che sarebbe auspicabile includere prima o poi), anche se non sono d’accordo con molte delle loro affermazioni o con il fatto che molte affermazioni non vengono da loro fatte.
Amici è un talent show autoctono (mi pare) che include soprattutto danza e canto. Se ricordo bene, la sua missione è quella di formare artisti per il mercato del musical, che è una ridotta fetta (anche se popolare) del mondo della danza (e non solo, la danza è anzi di solito subordinata alla musica, altra questione che ricorre nei vari modi di presentare la danza in tv). Il programma ha il merito di aver mostrato la danza come disciplina di studio, spostando l’asse di percezione dai prodotti virati sulla bella ragazza svestita che si agita, a un linguaggio complesso fatto di assoli, passi a due, prese e cose di questo genere. Peccato che ci sia fermati lì e anzi in molti casi si sia tornati indietro con i sempre più frequenti litigi in diretta e le scene strappalacrime. Insomma il meccanismo del reality tende ad annullare o indebolire gli aspetti interessanti del programma, che, ricordiamolo, si rivolge ad un mercato preciso che richiede un tipo di danza abbastanza commerciale e di facile impatto visivo.
Italian Academy 2 è un’altra storia. Altra premessa: la diretta serale non è ancora andata in onda al momento in cui pubblico questo pezzo, ma non so quanto di quello che scrivo potrebbe cambiare. Innanzi tutto questo talent show sembra voler abbracciare il mondo della danza in modo più ampio di Amici, poi però restringe il campo a tre stili, due dei quali, danza moderna e danza classica, sono presentati in modo poco chiaro. Infatti gli aspiranti danzatori spesso portano pezzi che definirei di contemporanea (che sarebbe dovuto essere il terzo gruppo al posto della moderna) mentre gareggiano per la moderna, altri che portano un pezzo di classica fanno tutto tranne che un passo di classica o quasi. Manca poi un altro gruppo che sarebbe stato interessante inserire, il teatro danza. La sua esclusione probabilmente ha a che fare con la scarsa popolarità di questo stile in Italia e il fatto che è di solito fortemente legato ad un contesto espressivo, cosa non contemplata dal programma. Last but not least, la grave mancanza di una materia fondamentale, la composizione coreografica. Amici si appoggia al musical per legittimarsi, ma Italian Academy 2 no. L’idea che passa è quindi quella di formare esecutori (neanche interpreti), marionette al servizio di coreografi o non si sa bene chi. Altro problema è infatti lo sbocco ‘professionale’ di questi concorrenti. Dove andranno a finire? Un mercato per la danza è quasi inesistente, nonostante il paese trabocchi di scuole da tutte le parti. Forse i vincitori apriranno altre scuole solo per la voglia di continuare a danzare, forse vedremo delle veline capaci di eseguire una bella attitude, wow!
Premessa numero due: non metto in discussione la preparazione tecnica dei giudici o prof dei due programmi (che sono appunto degli esperti del linguaggio della danza, non esperti della cultura della danza, che sarebbe auspicabile includere prima o poi), anche se non sono d’accordo con molte delle loro affermazioni o con il fatto che molte affermazioni non vengono da loro fatte.
Amici è un talent show autoctono (mi pare) che include soprattutto danza e canto. Se ricordo bene, la sua missione è quella di formare artisti per il mercato del musical, che è una ridotta fetta (anche se popolare) del mondo della danza (e non solo, la danza è anzi di solito subordinata alla musica, altra questione che ricorre nei vari modi di presentare la danza in tv). Il programma ha il merito di aver mostrato la danza come disciplina di studio, spostando l’asse di percezione dai prodotti virati sulla bella ragazza svestita che si agita, a un linguaggio complesso fatto di assoli, passi a due, prese e cose di questo genere. Peccato che ci sia fermati lì e anzi in molti casi si sia tornati indietro con i sempre più frequenti litigi in diretta e le scene strappalacrime. Insomma il meccanismo del reality tende ad annullare o indebolire gli aspetti interessanti del programma, che, ricordiamolo, si rivolge ad un mercato preciso che richiede un tipo di danza abbastanza commerciale e di facile impatto visivo.
Italian Academy 2 è un’altra storia. Altra premessa: la diretta serale non è ancora andata in onda al momento in cui pubblico questo pezzo, ma non so quanto di quello che scrivo potrebbe cambiare. Innanzi tutto questo talent show sembra voler abbracciare il mondo della danza in modo più ampio di Amici, poi però restringe il campo a tre stili, due dei quali, danza moderna e danza classica, sono presentati in modo poco chiaro. Infatti gli aspiranti danzatori spesso portano pezzi che definirei di contemporanea (che sarebbe dovuto essere il terzo gruppo al posto della moderna) mentre gareggiano per la moderna, altri che portano un pezzo di classica fanno tutto tranne che un passo di classica o quasi. Manca poi un altro gruppo che sarebbe stato interessante inserire, il teatro danza. La sua esclusione probabilmente ha a che fare con la scarsa popolarità di questo stile in Italia e il fatto che è di solito fortemente legato ad un contesto espressivo, cosa non contemplata dal programma. Last but not least, la grave mancanza di una materia fondamentale, la composizione coreografica. Amici si appoggia al musical per legittimarsi, ma Italian Academy 2 no. L’idea che passa è quindi quella di formare esecutori (neanche interpreti), marionette al servizio di coreografi o non si sa bene chi. Altro problema è infatti lo sbocco ‘professionale’ di questi concorrenti. Dove andranno a finire? Un mercato per la danza è quasi inesistente, nonostante il paese trabocchi di scuole da tutte le parti. Forse i vincitori apriranno altre scuole solo per la voglia di continuare a danzare, forse vedremo delle veline capaci di eseguire una bella attitude, wow!
lunedì 20 aprile 2009
la danza delle aperture (di gambe)
Da quello che ho scritto fino ad ora sembrerebbe che io mi ponga come paladina della guerra contro la danza classica. Niente di più falso, anche se non è la tecnica che prediligo. Quello che mi fa arrabbiare è piuttosto l'adorazione incondizionata che appare soprattutto in tv. Si tratta del dogmatismo di cui ho già in parte parlato. La classica ha i suoi elementi discutibili, ma ha anche dei pregi importanti. Come già sottolineato, affonda le sue radici nella trattatistica quattrocentesca italiana e nei principi di armonia e proporzione di matrice classica (ne ho già parlato a questa conferenza, ma erano in dieci ad ascoltare, si veda inoltre anche l’intervento (pdf) di Stefano Tomassini alla Biennale Danza di Venezia intitolata Beauty). In Francia, nel corso di tre secoli (Seicento, Settecento e Ottocento), assume le caratteristiche ancora oggi riconoscibili. Le basi sono date dalle cinque posizioni dei piedi, codificate da Pierre Beauchamp alla fine del Seicento e riprese da Pierre Rameau nel suo Le maître a danser del 1725. Grazie poi alla rivoluzione apportata da Jean-Georges Noverrre con le sue Lettres sur la danse (1760), ha luogo la trasformazione che con La Sylphide (1832) di Filippo Taglioni sancisce la nascita del Balletto Romantico. Poi ci saranno grandi balletti, grandi ballerine (non ballerini fino a Nijinski, sul perché casomai ci torno) e grandi teorici come Carlo Balsis o Enrico Cecchetti, che arricchirono il vocabolario di passi e stili sempre più complessi.
La grande invenzione della classica sta nella rotazione delle gambe in fuori, un’apertura che può divenire soprattutto apertura di senso (mi piacerebbe ragionare su questo punto, ma per ora non lo faccio). Purtroppo ci si sofferma sempre solo sull’altra apertura, quella delle gambe, che un buon training di classica (con l’ausilio della famosa sbarra) fornisce. Il busto di solito resta fermo, per cui una delle pecche è che il danzatore classico di solito ha una flessibilità del busto molto limitata. Ecco perché la danza moderna sembra così energica e avvincente, il busto viene sbloccato e, con l’apertura di gambe della classica, si ottengono movimenti scattanti e pieni di energia. Senza la preparazione classica molte di queste aperture non sarebbero possibili, però senza le tecniche e gli stili di danza contemporanea (che sono state in parte assorbite dallo stile moderno), la classica resterebbe apertura di gambe a busto fermo (che ritroviamo nei balletti romantici). Quindi, please, la si smetta di elogiare la classica come unica tecnica che può aprire le porte all’Olimpo danzante e si riconosca anche il merito di altre tecniche.
La grande invenzione della classica sta nella rotazione delle gambe in fuori, un’apertura che può divenire soprattutto apertura di senso (mi piacerebbe ragionare su questo punto, ma per ora non lo faccio). Purtroppo ci si sofferma sempre solo sull’altra apertura, quella delle gambe, che un buon training di classica (con l’ausilio della famosa sbarra) fornisce. Il busto di solito resta fermo, per cui una delle pecche è che il danzatore classico di solito ha una flessibilità del busto molto limitata. Ecco perché la danza moderna sembra così energica e avvincente, il busto viene sbloccato e, con l’apertura di gambe della classica, si ottengono movimenti scattanti e pieni di energia. Senza la preparazione classica molte di queste aperture non sarebbero possibili, però senza le tecniche e gli stili di danza contemporanea (che sono state in parte assorbite dallo stile moderno), la classica resterebbe apertura di gambe a busto fermo (che ritroviamo nei balletti romantici). Quindi, please, la si smetta di elogiare la classica come unica tecnica che può aprire le porte all’Olimpo danzante e si riconosca anche il merito di altre tecniche.
domenica 19 aprile 2009
desta
quando chiudo gli occhi per dormire
sento le urla e i pianti delle persone
non sono bambini che si svegliano
sono adulti che non dormono
li sento attraverso i muri
sono dentro i muri
sono negli interstizi
si muovono
muovono
i mattoni
il cemento
le strutture
la struttura
che viene
giù
presto o tardi
sento le urla e i pianti delle persone
non sono bambini che si svegliano
sono adulti che non dormono
li sento attraverso i muri
sono dentro i muri
sono negli interstizi
si muovono
muovono
i mattoni
il cemento
le strutture
la struttura
che viene
giù
presto o tardi
what can you do to classical dance
Here is a solo performed and created by William Forsythe, pay attention to the opening which focuses on his feet, which are crucial in classical dance. He deconstructs it from the inside, decentering and breaking down the body through movement.
Qui c'è un assolo danzato e creato da William Forsythe, prestare attenzione all'apertura del video che si incentra sui piedi, cruciali per la danza classica. Egli la decostruisce dall'interno, decentrando e scomponendo il corpo attraverso il movimento.
Qui c'è un assolo danzato e creato da William Forsythe, prestare attenzione all'apertura del video che si incentra sui piedi, cruciali per la danza classica. Egli la decostruisce dall'interno, decentrando e scomponendo il corpo attraverso il movimento.
sabato 18 aprile 2009
il tempo prima del tempo
Il tempo prima del tempo
(il tempo del passato)
non è tempo
è un fermoimmagine
che traborda ricordi
dolorosi
perché di un tempo
che non è più
(il tempo del passato)
non è tempo
è un fermoimmagine
che traborda ricordi
dolorosi
perché di un tempo
che non è più
venerdì 17 aprile 2009
la danza senza la danza
La danza che, da alcuni anni a questa parte, sembra aver un nuovo spazio nei talent show italiani, non è danza. La danza che viene continuamente proposta in televisione (e praticata in molte scuole di danza) non è danza. È forse una sua pallida ombra che ogni tanto rifulge, ma è spogliata del suo senso, è ridotta, nel migliore dei casi, a puro movimento, puro linguaggio tecnico, puro virtuosismo, quando chi lo fa se lo può permettere (e diciamocelo sono in pochissimi a poterselo permettere). E si continua su questa strada anche con il nuovo talent show di rai due, Italian Academy 2. Ci tornerò presto (spero), perché merita, assieme ad Amici, una riflessione coi fiocchi. Quello che mi preme qui sottolineare è che proporre la danza in questi termini è come studiare la forma di un romanzo senza badare a cosa tratta, è guardare un quadro puntando sull’aspetto tecnico-estetico, senza andare oltre (parlando di contesto, intenzione dell’autore o pittore, ricezione del pubblico e così via).
La danza non è fatta solo di forme e tecniche, non si tratta solo di alzare la gambina in un grand-battement o fare un grand jeté. La danza è fatta anche di contenuti, anche quando si tratta di un approccio di tipo cunninghamiano, privo cioè di narrazione (anche su questo punto ci sarebbe da aprire una parentesi). Che me ne faccio di un’esecuzione perfetta di hip-hop senza la storia di fatica ed emarginazione che dentro quei passi si è costituita? Perché applaudire tanto la ballerina che leggiadra se ne va sulle punte per il palco, senza capire che quel movimento ha radici profonde nel Romanticismo francese ed ha un suo senso in quel contesto, mentre visto di per sé è oggettificazione e ammirazione di passi vuoti?
Non se ne può più di questo continuo svilimento dell’arte della danza, Tersicore è talmente stanca che si è data alla pittura e non ne vuole più sapere di rappresentare quella che è divenuta una superficie bella (secondo alcuni) e suadente (secondo molti) senza sostanza. Il rischio è limitare la danza ad assolutismi dogmatici, tipo senza la danza classica non si può far nulla (si veda il pezzo che ho scritto qui) o se non sei magro rinsecchito con piedi e corpo giusti non puoi ballare.
La danza non è fatta solo di forme e tecniche, non si tratta solo di alzare la gambina in un grand-battement o fare un grand jeté. La danza è fatta anche di contenuti, anche quando si tratta di un approccio di tipo cunninghamiano, privo cioè di narrazione (anche su questo punto ci sarebbe da aprire una parentesi). Che me ne faccio di un’esecuzione perfetta di hip-hop senza la storia di fatica ed emarginazione che dentro quei passi si è costituita? Perché applaudire tanto la ballerina che leggiadra se ne va sulle punte per il palco, senza capire che quel movimento ha radici profonde nel Romanticismo francese ed ha un suo senso in quel contesto, mentre visto di per sé è oggettificazione e ammirazione di passi vuoti?
Non se ne può più di questo continuo svilimento dell’arte della danza, Tersicore è talmente stanca che si è data alla pittura e non ne vuole più sapere di rappresentare quella che è divenuta una superficie bella (secondo alcuni) e suadente (secondo molti) senza sostanza. Il rischio è limitare la danza ad assolutismi dogmatici, tipo senza la danza classica non si può far nulla (si veda il pezzo che ho scritto qui) o se non sei magro rinsecchito con piedi e corpo giusti non puoi ballare.
carmen (article and review)
questa è la terra, non ancora il cielo (4)
"Troppi letti diversi arredavano ormai la sua vita: letti di ospedale, lettini di psichiatri e psicologi, di istruttori e santoni, di fanghisti e massaggiatori. E ognuno restaurava qualcosa, perchè qualcosa si era cosnumato o rotto. (...) Ma nessuno riusciva a restituirle l'interezza che aveva provato al Bosconero. Una sola volta. Perché, finalmente lo aveva capito, il letto di ruolo era sempre vuoto, o vuoto per sempre. E gli altri, anche quelli degli sporadici compagni di sesso, erano solo mediocrissimi letti supplenti."
Gabriella Imperatori, Gloria Spessotto, Questa è la terra, non ancora il cielo (Ferrara: Tufani, 1998), pp. 93-94.
appello Leggere Donna
Gabriella Imperatori, Gloria Spessotto, Questa è la terra, non ancora il cielo (Ferrara: Tufani, 1998), pp. 93-94.
appello Leggere Donna
giovedì 16 aprile 2009
what's a danzcriber?
A danzcriber is a person who lives between worlds and languages, s/he is aware of the subversive power of movement and writes with a dancy perspective on things.
Cos'è un/a danzcriber? E' una persona che vive fra mondi e linguaggi, egli/ella è consapevole del potere sovversivo del movimento e scrive con una prospettiva danzata sulle cose.
lunedì 13 aprile 2009
l'imperialismo della danza classica
Nell’arco della storia della danza occidentale, la danza classica ha occupato un posto di forte importanza, soprattutto dall’800 quando è emersa dai gonnoni settecenteschi e dai balli di corte per entrare nei teatri post-rivoluzione francesi e non. La danza classica affonda le sue radici nella trattatistica quattrocentesca italiana e si rifà a canoni di armonia e precisione che ancora oggi discriminano ciò che non appartiene allo standard designato.
La danza classica ha una sua tradizione e una sua estetica che sfociano nel neoclassico e contemporaneo come accade per lo stile di William Forsythe e Wayne McGregor. La classica però non è la madre di tutte le tecniche di danza. Continuamente si sente dire da insegnanti di danza e da ballerini (nelle scuole di danza e purtroppo anche in tv) che la classica è alla base di tutte o quasi le altre tecniche. Questo non è vero, la modern dance americana è nata proprio in risposta al dominio della classica, poi entrambe hanno iniziato a dialogare ed hanno assorbito elementi l’una dall’altra. Il flamenco può essere danzato senza conoscere un passo di danza classica così come l’hip-hop, la break-dance o migliaia di altre danze che appartengono alle numerose tradizioni popolari presenti in tutta Italia oltre che in Europa e in altri paesi e culture. Che se ne farebbe il saltarello marchigiano di un’arabesque? Quindi occorrerebbe contestualizzare le affermazioni che vengono fatte. In molte compagnie di danza contemporanea la preparazione classica è un requisito obbligatorio, ma non in tutte.
La danza in Italia soffre da tempo di un male per ora inguaribile, l'ignoranza e la mancanza di regolamentazioni che permettano una fruizione più strutturata. Mi piacerebbe sapere quanti aspiranti danzatori che popolano le numerosissime scuole di danza del paese hanno letto anche solo un manuale di storia della danza, quanti sanno chi era Nijinski, per citare uno dei più famosi danzatori del secolo passato. Quanti hanno visto uno spettacolo dal vivo. L'unica struttura riconosciuta è l'Accademia Nazionale di Danza a Roma, per il resto la danza è abbandonata a se stessa, vive di danzatori mediocri che aprono scuole (ci sono anche molti danzatori e insegnanti validissimi, ma chi comprende la differenza? Su che criteri si basa un ragazzo che vuole studiare danza? Su dove e con chi hanno studiato i ragazzi di Amici?). In tv la situazione è desolante e solo una fetta piccola e deformata di quello che è il mondo della danza viene mostrato. Per ora mi fermo qui...ma ritornerò sulla questione presto.
La danza classica ha una sua tradizione e una sua estetica che sfociano nel neoclassico e contemporaneo come accade per lo stile di William Forsythe e Wayne McGregor. La classica però non è la madre di tutte le tecniche di danza. Continuamente si sente dire da insegnanti di danza e da ballerini (nelle scuole di danza e purtroppo anche in tv) che la classica è alla base di tutte o quasi le altre tecniche. Questo non è vero, la modern dance americana è nata proprio in risposta al dominio della classica, poi entrambe hanno iniziato a dialogare ed hanno assorbito elementi l’una dall’altra. Il flamenco può essere danzato senza conoscere un passo di danza classica così come l’hip-hop, la break-dance o migliaia di altre danze che appartengono alle numerose tradizioni popolari presenti in tutta Italia oltre che in Europa e in altri paesi e culture. Che se ne farebbe il saltarello marchigiano di un’arabesque? Quindi occorrerebbe contestualizzare le affermazioni che vengono fatte. In molte compagnie di danza contemporanea la preparazione classica è un requisito obbligatorio, ma non in tutte.
La danza in Italia soffre da tempo di un male per ora inguaribile, l'ignoranza e la mancanza di regolamentazioni che permettano una fruizione più strutturata. Mi piacerebbe sapere quanti aspiranti danzatori che popolano le numerosissime scuole di danza del paese hanno letto anche solo un manuale di storia della danza, quanti sanno chi era Nijinski, per citare uno dei più famosi danzatori del secolo passato. Quanti hanno visto uno spettacolo dal vivo. L'unica struttura riconosciuta è l'Accademia Nazionale di Danza a Roma, per il resto la danza è abbandonata a se stessa, vive di danzatori mediocri che aprono scuole (ci sono anche molti danzatori e insegnanti validissimi, ma chi comprende la differenza? Su che criteri si basa un ragazzo che vuole studiare danza? Su dove e con chi hanno studiato i ragazzi di Amici?). In tv la situazione è desolante e solo una fetta piccola e deformata di quello che è il mondo della danza viene mostrato. Per ora mi fermo qui...ma ritornerò sulla questione presto.
domenica 12 aprile 2009
la traduzione
Parlando di didattica, Luisa disse a Giovanna: “Mia cara, il modo migliore è far loro tradurre dall’italiano all’inglese, vedrai che si metteranno a studiare!”. Giovanna la guardò allibita e chiese: “Mah non so, occorrerebbe fare tutto un discorso sulla struttura delle due lingue che a questa età mi sembra un po’ azzardato. “Ma quale struttura, cara, dai loro le frasi e poi che si arrangino”, rispose. “Se mi dice di nuovo ‘cara’ la polverizzo con lo sguardo”, pensò Giovanna che non andava particolarmente d’accordo con Luisa, una prof di inglese di ruolo che da anni torturava i suoi studenti delle medie con traduzioni dall’italiano all’inglese, un’operazione difficile con la dovuta spiegazione, impossibile o quasi a freddo. Giovanna prese la borsa e salutò Luisa, che continuò a parlare dei suoi metodi infallibili con altri colleghi.
questa è la terra, non ancora il cielo (3)
"E come vide la Nives capì subito, e la Nives capì lei. Nella sua stanchezza Giada appariva calma e bella, anche se il suo corpo e quello della neonata erano ancora screziati di sangue (...). Ma anche la Nives era sporca di sangue, oltre che di fango e di terra, e i suoi occhi sbalorditi da bambino picchiato ingiustamente non riuscirono a sorridere alla vista della piccola addormentata accanto a Giada. I vestiti da festa con cui era partita erano ridotti a brandelli, la camicia bianca coi merletti era tutta strappata sul petto, e così Giada non ebbe più dubbi, ma non volle interrogarla. Le fece cenno di avvicinarsi e l'abbracciò stretta stretta finché le lacrime riuscirono a sgorgare dagli occhi attoniti e offesi della ragazza, lavando via un po' della sporcizia che le aveva lordato il viso, il corpo, e soprattuto l'anima. E il sangue dell'una si mescolò a quello dell'altra così che ognuna ne sentiva l'odore, e Giada immaginò per un attimo che il sangue delle donne di tutti i tempi si unisse in un lungo filo rosso che legava insieme la vita e la morte."
Gabriella Imperatori, Gloria Spessotto, Questa è la terra, non ancora il cielo (Ferrara: Tufani, 1998), pp. 93-94.
appello Leggere Donna
Gabriella Imperatori, Gloria Spessotto, Questa è la terra, non ancora il cielo (Ferrara: Tufani, 1998), pp. 93-94.
appello Leggere Donna
sabato 11 aprile 2009
venerdì 10 aprile 2009
desert
I live in a desert
I am a rock
a rock
that is being eroded
by the sand
it looks like
nothing is changing
but everything is changing
and the desert
is capable of eating you up
if you do not protect yourself
I am a rock
I am a molar entity
soon I will become
a molecular entity
and my particles will
be spread all over the place
I am a rock
a rock
that is being eroded
by the sand
it looks like
nothing is changing
but everything is changing
and the desert
is capable of eating you up
if you do not protect yourself
I am a rock
I am a molar entity
soon I will become
a molecular entity
and my particles will
be spread all over the place
il ponte
presero i cadaveri dei morti in mare
li unirono ai cadaveri ritrovati sotto le macerie
e costruirono il ponte sullo stretto
li unirono ai cadaveri ritrovati sotto le macerie
e costruirono il ponte sullo stretto
questa è la terra, non ancora il cielo (2)
"Invece stavolta lui e la mamma ce l'avevano fatta da soli, e in più la sorellina nuova era piccolina ma davvero bellissima, anche se Adriano non avrebbe mai potuto amarla come l'Anita che bellissima non era ma aveva due occhi neri "che rispecchiavano il mondo", come diceva il papà, e cioè l'inquietudine e la meraviglia, la tenerezza e il dolore e tutte quelle altre cose che i grandi chiamano sentimenti. E sembravano dire, quegli occhi, che questa dove viviamo è la terra, non ancora il cielo."
Gabriella Imperatori, Gloria Spessotto, Questa è la terra, non ancora il cielo (Ferrara: Tufani, 1998), pp. 93-94.
appello Leggere Donna
Gabriella Imperatori, Gloria Spessotto, Questa è la terra, non ancora il cielo (Ferrara: Tufani, 1998), pp. 93-94.
appello Leggere Donna
martedì 7 aprile 2009
entrar en carmen
Entrar en el mito de Carmen es como entrar en un mundo lleno de energia y riesgos, un mundo denso y complejo. Lo estoy haciendo, es difícil y cansador, pero muy importante. Carmen me llama y yo le respondo. Ella sale desde la tinta negra de las páginas, se mueve siguiendo su proprio ritmo y me habla de su mundo, yo escribo lo que entiendo, es un intercambio fértil y continuado en el tiempo.
lunedì 6 aprile 2009
earthquake (abruzzo)
3.32 am, I have just switched off my laptop, I am about to go to bed, when I sense a loss of balance, I look at the swinging lamp in my room, and it is actually swinging. I feel like I am going to fall from my chair, then everything stops. I become immediately aware of the fact that something terrible has happened not too far from my area. Earthquakes are terrible, you do not have anything to hold on to, you are left without anchors in the general and violent movement of the earth. What has happened in Abruzzo is a terrible tragedy...
questa è la terra, non ancora il cielo (1)
"Di quel giovedì d'autunno Giada ricordò per tutta la vita la nuvolaglia catramosa che si srotolò giù dal cielo come una saracinesca, e la luce malata dei lampi che si sfrangiavano come capillari di un sistema venoso. Giù in giardino i rami del ciliegio si incurvarono fino a terra sotto il vento gelato. Poi i tuoni esplosero come spari di mortaio e Adriano cominciò a tremare scoppiando in un pianto inconsolabile".
Gabriella Imperatori, Gloria Spessotto, Questa è la terra, non ancora il cielo (Ferrara: Tufani, 1998), p. 34.
appello Leggere Donna
Gabriella Imperatori, Gloria Spessotto, Questa è la terra, non ancora il cielo (Ferrara: Tufani, 1998), p. 34.
appello Leggere Donna
domenica 5 aprile 2009
cadaveri
vivo in mezzo ai cadaveri
mangio con gli zombi
lavoro con i vampiri
è stato bello sostare in questo luogo
è stato utile vivere nel colore buio della morte
è stato
mangio con gli zombi
lavoro con i vampiri
è stato bello sostare in questo luogo
è stato utile vivere nel colore buio della morte
è stato
sono stata
in un mare di cadaveri
di corpicadaveri
un mare oscuro
discarica di immigrati
li ho visti cadere
annegare
il respiro fermarsi
il cuore annacquato
le pupille svuotarsi
in un roteare di sangue
e mare
mare di sangue
mare insanguinato
dal paese nulla più che rumorini
sillabe di sutura per corpi che sono ormai onde
di corpicadaveri
un mare oscuro
discarica di immigrati
li ho visti cadere
annegare
il respiro fermarsi
il cuore annacquato
le pupille svuotarsi
in un roteare di sangue
e mare
mare di sangue
mare insanguinato
dal paese nulla più che rumorini
sillabe di sutura per corpi che sono ormai onde
io sono
di notte sono voce e orecchie
ascolto con pazienza
parlo
do consigli
prevedo
intravedo
di giorno sono dita che si muovono sulla tastiera del computer
occhio che vede la scrittura formarsi
sono bocca che mangia
sono bocca che parla ed educa a fatica
stanca
ascolto con pazienza
parlo
do consigli
prevedo
intravedo
di giorno sono dita che si muovono sulla tastiera del computer
occhio che vede la scrittura formarsi
sono bocca che mangia
sono bocca che parla ed educa a fatica
stanca
sabato 4 aprile 2009
volver
"Nunca debí volver. Uno vuelve porque espera encontrar algo, algo que cree que dejó olvidado y luego descubre que lo ha dejado en otra parte o que nunca supo dónde estaba. Uno no debe volver a los sitios donde fue feliz y mucho menos a los lugares donde ha sufrido tanto."
Aunque seamos malditas, Eugenia Rico
Aunque seamos malditas, Eugenia Rico
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