domenica 28 dicembre 2008
nel nome di minerva
sabato 27 dicembre 2008
come on over
Come On Over (2007) is the first piece of lamb|da, “an outlet for the dance/poetry performance work of Clare Thurman and Nathan Thomas” (lamb|da website). Clare is a dancer and choreographer, while Nathan is a poet. They worked together at this piece for about ten weeks. Nathan would bring his poems and they would talk about them. Then Clare would bring other material and this would inspire Nathan. The piece has no music, the rhythm is given by the sound of Nathan’s voice while he utters his poems and by silence. There are five sections, each represented by one of Nathan’s poems. The stage is initially characterised by a square made of pages, Clare walks on them throughout the perimeter of the square, then Nathan comes in with a chair that he places in a corner. He sits there and starts reading aloud while Clare starts dancing.
According to Edward Nye poetry and dance are connected by their shared focus on dynamism: “poetry is understood necessarily to be in motion, or else it ceases to be poetry” (Nye, 2005: 108). Nathan and Clare worked on the idea of boundaries and on their need to cross them. They talked about the word ‘boundary’ itself, its emotional and physical resonance. Come On Over, in this respect, is a stimulating result.
In several bits Clare’s movements recall the idea of boundaries, for example in the first section when she places her arms in second position and stands in releve for a few seconds. She looks as if she were about to lose her balance (clik here to see a photo and here to see a video extract). Or, in the third section, when she stands on the chair centre-stage and then slowly rotates with one leg bent and the other straight out in the space. During these second set of movements, Nathan says:
stuck in this circle
called self, this circle
called home
why does she feel
homeless
and outside of this circle
is another circle
and beyond that, another
and another and another
planes of orbit
round a star starved of hydrogen
As these lines show, his poems also reflect the dynamism given by the idea of boundaries with the repetition of the significant word ‘another’ and with a lay-out which seems to be contributing to the choreographic process. Furthermore, after each section the stage is silently altered as Nathan and Clare take turns in removing the pages that marked the square, another boundary to be erased and dissolved. Nathan also tears to pieces some of these pages. In the end, Clare once again opens her arms in second position, a welcoming gesture, a gesture that, in a way, embody the title of the piece. Nathan walks towards her and lets the torn pages fall on her.
piove sul nostro amore
thinking of giving up?
have a beer
I don't drink alcohol
have a coffee
I don't drink caffeine
have some milk
I don't drink milk
what then? dance? write?
maybe
dance or write?
both
!?
venerdì 26 dicembre 2008
lunedì 22 dicembre 2008
fuori norma
"Il silenzio. Un silenzio che copre le storie, le loro, e nel cancellarle nasconde un po' anche le nostre. Desiderio di visibilità lesbica, che non è petulante affermazione di sé ma legittima necessità di tracciare linee avanti e indietro nel tempo di ognuna, nella storia, linee che come rami di un grande, maestoso albero, collochino le storie, di loro, ma anche di noi, in un tessuto, in un organismo, vivo, forte, con salde radici e una miriade di foglie, fiori e frutti, che sono ancora, e per sempre, le loro e le nostre storie e quelle che verranno."
appello Leggere Donna
sabato 20 dicembre 2008
back series (3)
[...]
"Whitegirl. That's what she called it. I've never seen it and never will. But that's what she said it looked like. A chokecherry tree. Trunk, branches, and even leaves. Tiny little chokecherry leaves. But that was eighteen years ago. Could have cherries too now for all I know."
Toni Morrison, Beloved (1987)
back series (2)
a back is a central part of your body, my back is the central part of my body, isn't it?
the back sits there 'behind' me and still being me, watching my back is impossible without the mediation of a mirror or of somebody else's perspective...I can 'only' perceive my back, feel it while it moves...I cannot use my eyes, eyes are sometimes a hegemonic inglobalisation of s/objects...
giovedì 18 dicembre 2008
seguita (?)
appello Leggere Donna
Inoltro questo appello di Luciana Tufani e apro questo spazio dedicato a Leggere Donna e ai libri della casa editrice Tufani per aumentarne la visibilità e dare il mio piccolo aiuto.
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Alle collaboratrici e ai collaboratori, alle/agli abbonat* di Leggere Donna
e ad amiche, amici, lettrici, lettori, simpatizzanti e a tutte le persone che sono o potrebbero essere interessate a che Leggere Donna e le edizioni Tufani continuino ad esistere
L’aumento dei costi di gestione, che non corrisponde a un aumento delle vendite ma anzi a una sempre più difficile presenza nelle librerie, rende sempre più faticoso riuscire a sopravvivere per una rivista che non gode di sovvenzioni né di entrate pubblicitarie.
In un momento in cui non rimangono quasi più voci che si oppongano alla deriva della politica ufficiale e all’indifferenza con cui la società accoglie le sempre più gravi prese di posizione contro ogni diversità, mi sembra essenziale che sopravvivano quelle poche realtà che in un qualche modo cercano di reagire a questo terribile stato di cose, se non altro per dimostrare che esiste ancora un dissenso. Per questo motivo non vorrei rinunciare proprio ora a pubblicare ma anzi vorrei impegnarmi con tutte le mie forze per la rivista e la casa editrice. In questi anni l’ho fatto al di là di quanto sarebbe ragionevole, intendo farlo ancora ma devo darmi un limite oltre al quale non posso e non devo continuare.
Gli incoraggiamenti non mi sono mai mancati, né le manifestazioni di stima. Chi collabora a Leggere Donna vedrebbe con molto disappunto la chiusura di uno spazio in cui esprimersi liberamente, le lettrici ogni volta che non ricevono la rivista scrivono o telefonano per dire che l’aspettano con impazienza e ne sentono la mancanza. Tutto questo mi fa piacere perché dimostra affetto e interesse, ma non basta. Non bastano le manifestazioni di solidarietà e gli incoraggiamenti, non bastano la stima e l’affetto.
Purtroppo ci vogliono azioni concrete. Se anche voi pensate che il mio lavoro sia utile, è il momento di dimostralo con i fatti.
Un giornale ha senso che esista se vende, se viene letto dal maggior numero di persone possibile. Lo stesso vale per i libri della casa editrice: è inutile che mi si dica che sono bellissimi se poi ben pochi li comprano, li leggono, li regalano.
È il momento di abbonarsi e riabbonarsi, regalare abbonamenti, promuovere la rivista; comperare anche i libri e regalarli in ogni possibile occasione al posto di altri regali.
Mi sono data come scadenza la fine del 2009, se i risultati saranno solo stima e incoraggiamenti dovrò rassegnarmi a prendere atto che la necessità di una rivista e di una casa editrice come le mie è solo una mia illusione. Il lavoro di questi anni mi ha dato molte soddisfazioni ma non posso continuare a indebitarmi oltre, sarebbe suicida. Ho sempre pensato che per chi scrive per Leggere Donna o per chi la legge il farlo fosse un atto politico; se mi sono sbagliata, è giusto che la consideri un’esperienza importante che mi ha dato molto ma da concludere finché sono in tempo.
L’abbonamento 2009 verrà gestito dal distributore Licosa
e costerà 35 euro per l’Italia e 45 per l’estero.
Ciascuna copia costerà 7 euro
L’aumento del prezzo è dovuto alla percentuale da lasciare al distributore. Contrariamente a quanto avveniva in passato, il distributore non invierà ugualmente le copie anche se l’abbonamento non è stato rinnovato in tempo.
È possibile rinnovare o sottoscrivere l’abbonamento anche direttamente presso la casa editrice utilizzando il cc/p 10836443 intestato a Leggere Donna
Obbiettivi per il 2009:
triplicare gli abbonamenti pagati
aumentare le vendite dei libri: chi legge Leggere Donna compri anche i libri, li regali e non li presti, in tutte le occasioni regali i libri della Tufani ed.
Luciana Tufani
sabato 13 dicembre 2008
back series (1)
ragù
venerdì 12 dicembre 2008
london by night
mercoledì 10 dicembre 2008
material from ballet-dance (Graham)
Errand into Graham's Maze: The Martha Graham Dance Company in Italy (April 2007)
An Interview with Susan Sentler: Exploring Martha Graham's Primitive Mysteries (December 2006)
Graham Pleasing and Political, Martha Graham Dance Company (March 2004)
Satyric Festival Song, Martha Graham Dance Company (December 2003)
deadlines
Mi abbraccia la cattedrale di Valencia, es un abrazo frío pero intenso. E intanto combatto una lucha sin fronteras, una lucha con mi escritura che non si sa come andrà a finire. Rispettare le scadenze di consegna di un saggio è sempre una scommessa. La mia lotta corpo a corpo con una massa critica che si ostina a non volersi dipanare, è dura, durissima, specie per il fatto che sono in mezzo al nulla (distante da biblioteche accademiche, distante da una comunità accademica con la quale confrontarmi), nella vita frenetica di una città di provincia con appena una o due ore al giorno per scrivere e studiare.
lunedì 8 dicembre 2008
conferences
Conferences are a tour de force, when I say that I have been away for a conference, people usually tell me, "Oh wow, you have been to Valencia, did you see this? Did you go there?", my answer is usually displacing: "No, I did not!". In these occasions you stay inside the conference venue for most of the time, you cannot do the touristy things. During my staying in Valencia I had the rare chance to walk around the city for an afternoon (will soon post some photos). However, for what concerns the Valladolid conference, I basically had no time for anything. A consolation were the buildings where I stayed. In the photo you can see where the Valencia conference took place, it is an amazing construction, isn't it?
sabato 6 dicembre 2008
jesi la città molteplice
Ieri sono stata alla mostra di pittura "Jesi la città molteplice" di Andrea Silicati (associazione artistica il Camaleonte) a cura di Roberto Gigli presso il Palazzo dei Convegni della città. E' una rivisitazione degli scorci antichi e moderni della città di Jesi (Ancona), nelle Marche. L'uso non narrativo del colore e la stilizzazione del segno fanno di questi quadri un percorso intenso sia per chi conosce la città che per coloro che non l'hanno mai vista. La mostra termina domani, ma spero che sia l'inizio di un percorso più ampio.
venerdì 5 dicembre 2008
la muerte (cara roja)
cada noche me acuesto con la muerte
ella me habla
yo no la entiendo
pero sé que vive acerca de mí
tiene una cara roja,
la muerte,
una cara roja de sangre viva,
me sonrie
pero yo no sé lo que decirle
se mueve con migo,
la muerte,
como una sombra de aire y luz,
suave
puntual
yo no la veo pero la siento
speak to me
io ascolto parlami che
mi metto seduta e ascolto
metto una mano sull'altra
parlami e ascolto."
Mariangela Gualtieri
speak to me
he said
I do not have anything to say
she said
tell me something
I want to hear your voice
and she spoke
and she did not say anything
she just produced sounds
he did not understand them
but he smiled
she did not smile
she left
leaving the room full of silence
dal vulcano al caos
Edith de
Un minuto scrigno di pagine avvolte da una copertina dai colori vivaci: verde prato, giallo sole, rosso tiziano, arancione…i colori rappresentano la visione a tinte forti di un quadro di Nicolas de Staël intitolato Sicilia e conservato al museo di Grenoble in Francia. È questo il primo contatto sensoriale (di vista e tatto soprattutto) con il libro di Edith de
È questo quindi un viaggio che si fa percorso conoscitivo e catartico, a volte frammentato, a volte ironico, a volte emozionante. "All'inizio del viaggio, c'è questa confessione: 'Sono perduta'. Qualcosa d'immenso mi stringe il cuore.(…) Afferrerò il filo di questo sconforto e lo seguirò passo passo." Il viaggio in realtà è fatto di quattro viaggi, ma tutti riassumono un modo di porsi che esime dall'atteggiamento standard della specie del turista e che tenta di vedere l'isola e i suoi abitanti con occhi diversi, occhi estranei a quel panorama, ma non per questo meno attenti. È forse per questo che "
La prima tappa del primo viaggio, come suggerisce il titolo, è quella fatta a Stromboli la cui continua eruzione snerva l'autrice che pure decide per la scalata, immaginando una morte fatta di fusione all'interno del cratere. "Sarebbe stata una fine alchimica. Un'opera al bianco, al rosso e poi al nero. Un semplice cambiamento di colore e di stato." L'ultima tappa è a Caos, luogo di origine di Pirandello, dove è il mare a fornire la chiusura del testo e col mare, il senso di movimento, della vita che scorre e cambia. Come "il pino a ombrello sotto il quale sono state suggellate le ceneri di Pirandello" e che un fulmine ha ridotto ad un troncone. Fra questi due luoghi, molti altri vengono presentati secondo una poesia di linguaggio e ricercatezza di immagini suggestiva e mai ovvia. Catania viene evocata attraverso l'elefante di lava in piazza del Duomo, posto quasi a mo' di "talismano contro le eruzioni dell'Etna", Enna attraverso la figura di Demetra, Palermo con quella di Cagliostro e Agrigento con le tele di Nicolas de Staël.
Assieme ai luoghi si aggiungono le persone, con le loro storie e manie. Come quella del Professore, esperto di Pontormo e Manzoni che ospita de
giovedì 4 dicembre 2008
choreosophy
mercoledì 3 dicembre 2008
bruciato vivo
disco inferno
burn baby burn
fermo e serafico
se ne stava
durmiendo
sulla sua panchina
preferita
la calma del sonno
il respiro regolare
e poi il fuoco
le fiamme lo hanno avvolto
e quasi ucciso
Italy is definitely a civilised country
martedì 2 dicembre 2008
l'assenza dell'orzo
lunedì 1 dicembre 2008
viajes
sabato 22 novembre 2008
bambola bambolina
in spagnaaaa
Domani parto per la Spagna per due conferenze, una a Valencia intitolata The Expression of Subjectivity in the Performing Arts (in inglese), l'altra a Valladolid, La disciplina coreológica en Europa: problemas y perspectivas (in spagnolo). Presenterò due interventi, uno su Martha Graham e un altro su Carmen. Se ne esco viva ne parlerò in questo loco. Torno per il 30 notte.
postilla dolceamara - spero che il tempo torni a scorrere normalmente anche per me (ora è tutto un correre e basta), ho molto da dire sul mio viaggio a Londra (la danza che ho visto, i treni che non sono partiti, lo stress, la pace), su quello che accade in Italia (un senzatetto quasi bruciato vivo, ma dove siamo??), sulla New Italian Epic (la relazione fra letteratura e altre arti, una prospettiva di genere), sulla violenza contro le donne (mai cessare di ricordarlo, mai abbassare la guardia, mai dimenticarci che è in primis una questione culturale).
mercoledì 19 novembre 2008
tempo o mancanza di...
martedì 11 novembre 2008
comunicazione di servizio?
domenica 9 novembre 2008
giovedì 6 novembre 2008
london
I am leaving for my annual PhD exam in a few days, I will go back to my ‘home’.
mercoledì 5 novembre 2008
obama
Can we?
Yes, we can.
Are you sure?
Yes, I am.
Fine. I trust you.
Do you really?
Well, yes, I think so.
Thanks.
No problem.
Let's make a toast.
For what?
For change.
Ah, yes, for change.
lunedì 3 novembre 2008
living a part-time life
I am a part-time student.
I am a part-time blogger.
giovedì 30 ottobre 2008
il "do" (parte seconda)
Il giorno successivo, Claretta, l’alunna più precisina e puntigliosa, aveva portato in classe il suo dizionario e con il ditino indice aveva ripetutamente sottolineato che la parola “do” voleva dire “fare”, quindi non era un fantasmino.
- il fantasmino allora vuol dire fare!
Aveva detto Giannino, una delle piccole pesti della classe. Giovanna aveva fatto un bel respiro e si era buttata nella sua ennesima spiegazione creativa. Il “do” fantasmino aveva un gemello, il “do” verbo. Il primo fungeva da ausiliare, si caricava del peso del tempo grammaticale e guidava le frasi interrogative e negative con sicurezza e spavalderia. Il secondo era un verbo e voleva appunto dire “fare” in senso astratto, tipo fare i compiti. Allora Giannino aveva ribattuto che i compiti non sono affatto astratti perché bisogna farli tutti i giorni. Giovanna era stata salvata dalla campanella e solo allora si era accorta che in lavagna aveva dimenticato di aggiungere la “u” in “you”. Aveva subito corretto l’errore, ma oramai gli alunni erano corsi fuori per la merenda.
a letter to the world
Letter - World
that never wrote to me.
A letter is not a Poem -
Can a letter be a poem?
Can a poem be a Letter?
This is my Letter
and it is a letter to the world -
it is waiting for an answer
and the answer is not coming.
Answer waiting
Letter writing
This - yes - is my letter to the world,
a world
that Never wrote to Me.
Inspired by Emily Dickinson's poem "This is my letter to the World" (no. 441, Johnson edition).
mercoledì 29 ottobre 2008
libere università dei precari
domenica 26 ottobre 2008
essays
I saggi hanno almeno due vite, una quando li finisci di scrivere, un’altra quando vengono pubblicati. Fra le due vite potrebbero passare mesi, forse anche un anno e tu sei lì che ci ripensi che magari non avresti scritto proprio come hai scritto, che magari avresti citato anche l’altro studioso per consolidare la tua tesi, che invece te ne stai ad attendere, mentre studiosi tuoi colleghi ogni tanto ti dicono, ma quello studio di cui mi parlavi è stato pubblicato? E tu, ehm, non ancora, ma appena lo sarà ti manderò una copia o il link se è online. E aspetti, aspetti logorandoti l’animacorpo. Aspetti sapendo che l’attesa sarà ben più lunga di quello che avevi previsto e allora tutto potrebbe allungarsi ad elastico in un tempo infinito che non si cura della tua precarietà e non bada al tuo cronico bisogno di feed-back.
the walls do not fall
no such shock knit within terror,
yet the skeleton stood up to it:
the flesh? it was melted away,
the heart burnt out, dead ember,
tendons, muscles shattered, outer husk dismembered,
yet the frame held:
we passed the flame: we woner
what saved us? what for?
from "The Walls Do Not Fall", Trilogy (1944-1946) by H.D. (Hilda Doolittle).
mercoledì 22 ottobre 2008
being roberto saviano
ps- scusate l'inclinatura, ma l'ho fatto a lavoro in un momento di pausa, il tempo è sempre più tiranno in questo periodo. Comunque l'inclinatura mi fa pensare, la figura sta per cadere, ma non cade, "yet the walls do not fall" direbbe H. D. (Hilda Doolittle).
domenica 19 ottobre 2008
il "do" (parte prima)
Fu quando Giovanna insegnò inglese per un mesetto presso la scuola media Francesco D’Assisi che la diatriba nei confronti del “do” ebbe luogo. Come supplente le ci volle praticamente tutto il mese per imparare i nomi dei suoi alunni, aveva sei classi e non fu facile. La questione del “do” nacque soprattutto nelle classi prime, ma ebbe ripercussioni anche sulle seconde e sulle terze. Gli studenti non riuscivano a capire questo monosillabo che, quando assumeva la funzione di ausiliare, in italiano non veniva tradotto.
- senta prof, ma come si traduce la parola “do”?
- senta prof, ma “do” che significa?
A queste domande Giovanna aveva risposto che il “do” era come un fantasmino che si aggirava per le frasi interrogative e negative inglesi, qualora non ci fosse LUI, il re della foresta, il verbo essere. A volte Giovanna si lasciava trascinare dalla sua immaginazione e si perdeva in invenzioni improbabili che spesso lasciavano gli studenti di stucco. Poi seguivano commenti e risate.
- un fantasmino? E che vuol dire?
- prof, ma per fantasmino intende il calzettino piccino piccino, quello che non si vede?
giovedì 16 ottobre 2008
what dancers can do
martedì 14 ottobre 2008
dance programmes
the waves (3)
Virginia Woolf
lunedì 13 ottobre 2008
joan tronto
"Bisogna ri-pensare e considerare la cura come un aspetto fondamentale della vita umana; in altri termini bisogna guardare le persone non come esseri pienamente autonomi ma sempre situati in una condizione di interdipendenza". (p. 27)
Il testo di Tronto a cui si fa riferimento è Confini Morali - Un argomento politico per l'etica della cura, a cura di A. Facchi (Reggio Emilia: Diabasis, 2006), qui una recensione.
The original English version is Moral Boundaries: Political Argument for an Ethic of Care (London: Routledge, 1993). Here is an article by Tronto.
domenica 12 ottobre 2008
miss universo
venerdì 10 ottobre 2008
"tornate ad essere donne"
"Il rapporto dei due sessi non è quello di due elettricità, di due poli: l'uomo rappresenta insieme il positivo e il negativo al punto che diciamo 'gli uomini' per indicare gli esseri umani (...). La donna invece appare come il solo negativo (...)". (p. 15)
"L'uomo dimentica superbamente d'avere un'anatomia, che comporta ormoni e testicoli. Egli intende il proprio corpo come una relazione diretta e normale con il mondo che crede di afferrare nella sua oggettività, mentre considera il corpo della donna appesantito da tutto ciò che lo distingue: un ostacolo, una prigione". (p. 15)
"La donna si determina e si differenzia in relazione all'uomo, non l'uomo in relazione a lei; è l'inessenziale di fronte all'essenziale. Egli è il Soggetto, l'Assoluto: lei è l'Altro". (p. 16)
"Donna non si nasce, lo si diventa. Nessun destino biologico, psichico, economico definisce l'aspetto che riveste in seno alla società la femmina dell'uomo; è l'insieme della storia e della civiltà a elaborare quel prodotto intermedio tra il maschio e il castrato che chiamiamo donna. Unicamente la mediazione altrui può assegnare a un individuo la parte di ciò che è Altro". (p. 325)
giovedì 9 ottobre 2008
'dating' lamentation
1929: Wall Street Crash.
1930: Martha Graham creates and performs one of her enduring masterpieces, Lamentation, a solo piece where the dancer is seated on a bench. Her costume is a stretching tube which creates the choreographic effect. The piece is not about a woman mourning, but rather about pain itself. Out of the purple fabric only the dancer’s face (not her head), her hands and her bare feet emerge. Movements are spare and they mostly consist of torso swinging and arm movements. They represent points, stains of light through which the multiple lines, created by the movement within the costume, relate to each other.
1902: The
1995: in his book Dancing Modernism/Performing Politics, Mark Franko notes that Graham in Lamentation seems to be conveying “emotion only after reducing it to formal design (…). The choreographic material of Lamentation is the physical material of grief, not its emotional effects”. (p. 46).
1976: Peggy Lyman dances Lamentation in the “Dance in
1300-1500: Many Italian Renaissance painters (Masaccio, Duccio di Buoninsegna, Michelangelo, etc.) devote their art to the representation of the Virgin Mary. Her blue cloak often delineates her figure, her covered head and her suffering for her crucified son, are connectable to Graham’s tormented figure in Lamentation. At the same time, this lone figure also recalls Muslim women and their chador.
1986: Andy Warhol creates a series of serigraphies inspired by photos portraying Graham in her dances. Among them there are also a couple dedicated to Lamentation.
1941: Barbara Morgan publishes her book of photographs dedicated to Graham, Martha Graham: Sixteen Dances in Photographs. Some of those photos will inspire Andy Warhol in his work. Among them the one dedicated to Lamentation.
1980: Morgan’s book is re-edited.
1996: Richard Move first interprets Martha Graham in his evening length performance Martha@. One of his best achievements is precisely Lamentation.
2006: Tate Etc. publishes an article by Deborah Jowitt on the relationship between Graham and sculptor David Smith. One of his works recalls Graham’s Lamentation.
mercoledì 8 ottobre 2008
nie (update from london)
anna politkovskaya
a woman, a voice we should not forget.
Links:
www.annapolitkovskaya.com
articoli
excerpt from A Small Corner of Hell: Dispatches from Chechnya
l'acqua bolle
L’acqua bolle, è ora di buttar giù la pasta…
Dunque questo pezzo lo posso approfondire citando questo tizio qua, poi bisogna che controlli l’altro studioso perché potrebbe essere utile.
L’acqua bolle, è ora di buttar giù la pasta…
Potrei però aggiungere quella riflessione alla quale ho pensato ieri, si, per collegare le due parti.
L’acqua bolle, è ora di buttar giù la pasta…
Devo anche rivedere le note, che diavolo volevo scrivere a pagina 26?
L’acqua bolle, è ora di buttar giù la pasta…
No, il materiale citato con tutte le date da controllare non riesco proprio a farlo oggi, ci penso domani.
L’acqua bolle, è ora di buttar giù la pasta…
Forse potrei inserire l’analisi della coreografia dopo aver parlato del contesto storico, no, forse è più interessante iniziare con la coreografia, qualche movimento, qualche dettaglio sugli interpreti.
L’acqua è finita, la pentola si sta bruciacchiando…
lunedì 6 ottobre 2008
the shakers
The Shakers were a religious sect born in
sabato 4 ottobre 2008
the waves (2)
Virginia Woolf
mercoledì 1 ottobre 2008
la studiosa precaria: decalogo sragionato
La studiosa precaria è una mina vagante nel sistema.
La studiosa precaria è invisibile e questa è la sua forza.
La studiosa precaria viaggia fra lingue e linguaggi.
La studiosa precaria è una, trina e avanti fino ad esaurimento numeri (∞).
La studiosa precaria è una che r/esiste.
La studiosa precaria è giovane, ma mica poi tanto.
La studiosa precaria non ha tempo libero.
La studiosa precaria è in assetto di guerra costante.
La studiosa precaria non è una specie in estinzione.
La studiosa precaria ha una relazione atipica con studiose e studiosi non precari.
Liberamente ispirato al saggio di Laura Fantone, “Una precarietà differente: conflitti generazionali e di genere nell’Italia contemporanea”, Posse, giugno 2008.
slmpds e nie
stendalì
Le teste si muovono secondo un ritmo inizialmente cadenzato per poi aumentare in un crescendo ossessivo.
Piccoli salti ripetuti.
Fazzoletti bianchi sventolati sopra la salma.
Nero, tutte vestite di nero, con fazzoletti neri ad incorniciare il viso sofferente.
Le rughe della povertà, le urla della disperazione, i gesti ora accentuati.
Poi il rito femminile del pianto termina e gli uomini portano via il morto.
Ispirato a Stendalì – suonano ancora, breve film sul lamento funebre nella Grecia salentina.
lunedì 29 settembre 2008
domenica 28 settembre 2008
sappiano le mie parole di sangue e new italian epic (4)
L’immagine del sangue in relazione alla scrittura rimanda ad una scrittura del corpo consapevole dei suoi flussi e fluidi, oltre che del suo vissuto. Non a caso una sezione del libro è dedicata alle mestruazioni: “non fa rumore, il sangue che cola e scola fra le mie gambe (…). È il lacrimoso amalgama di umori e di materie” (Jones, 2007: 134). Il sangue da fluido corporeo diviene inchiostro rosso, il sangue diviene figurazione della scrittura corporea e sessuata. E questa attenzione alla scrittura come corpo sembra evocare l’écriture féminine teorizzata da Hélène Cixous nel suo famoso saggio “Il riso della Medusa” (1975): “bisogna che la donna scriva il suo corpo, che inventi la lingua inafferrabile che faccia saltare le pareti, le classi e le scuole di retorica, le ordinanze e i codici, che sommerga, trapassi, valichi il discorso-con-riserva ultima, ivi compreso quello (…) che, mirando all’impossibile, si ferma di botto davanti alla parola ‘impossibile’ e la scriva come ‘fine’” (Cixous, 1997: 235). L’ écriture féminine è un tipo di scrittura non necessariamente collegata biologicamente all’essere femmina, quanto piuttosto alla scrittura “che annulla la distanza fra corpo e parola” (Bono, 2000: 7) oltre che fra i rapporti dicotomici di uno/altro, per cercare vie molteplici all’essere, al divenire e allo scrivere. Cixous riprende l’immagine dell’inchiostro bianco, riallacciandosi al simbolo materno di creazione, mentre Jones preferisce usare la figurazione del sangue, del suo colore, della sua liquidità per darci delle pennellate della sua guerra nei Balcani. Come ella stessa sottolinea, la guerra da combattere è, alla fin fine, quella che combattiamo con noi stessi.
Ed è proprio in questo modo instabile di vivere la scrittura o di praticare la “scrittura della vita”, come l’ha definita Sbancor (Sbancor, 2007), che Jones ci mostra la sua prospettiva, lo “sguardo obliquo” di cui parla Wu Ming 1, la “fusione di etica e stile” (Wu Ming 1, 2008: 14).
Materiale citato:
- Babsi Jones, Sappiano le mie parole di sangue (Milano: Rizzoli, 2007).
- Hélène Cixous, “Il riso della Medusa” (1975), trad. Catia Rizzati, in Critiche femministe e teorie letterarie, R. Baccolini, M.G. Fabi, V. Fortunati, R. ponticelli, a cura di (Bologna: CLUEB, 1997), pp. 221-245.
- Paola Bono, “Scritture del corpo”, in Scritture del corpo – Hélène Cixous variazioni su un tema, a cura di Paola Bono (Luca Sassella: Roma, 2000), pp. 7-19.
- Sbancor, “Sbancor: su Babsi Jones”, Carmilla, 26 settembre 2007.
- Wu Ming 1, “New Italian Epic – Memorandum 1993-2008: narrativa, sguardo obliquo, ritorno al futuro”, 19 marzo-20 aprile 2008, versione 2.0,18 agosto – 12 settembre 2008 (le pagine citate fanno riferimento alla versione 2.0).
sappiano le mie parole di sangue e new italian epic (3)
L’attenzione verso la scrittura in Sappiano le mie parole di sangue emerge a cominciare dal titolo, ispirato ad una battuta di Amleto: “Da ora / i miei pensieri sappiano di sangue, / o non siano più niente” (atto IV, scena IV). Ritroviamo l’insistenza sulla scrittura anche nella copertina, dove il corpo raccolto di una persona (Jones stessa?), che mostra l’avambraccio con un rivolo di sangue che scorre verso l’alto, viene presentato assieme a pagine scritte in rosso che fanno da sfondo all’immagine. Questa attenzione torna puntuale all’inizio di ogni giornata contrassegnata dalla riproduzione di una pagina di appunti scritti a mano, presumibilmente da Jones stessa.
Ma la riflessione sulla scrittura si fa veramente corpo proprio all’interno del quasiromanzo, scritto in prima persona e che esprime dubbi, non solo per quanto concerne gli eventi che la protagonista dovrebbe/vorrebbe narrare, ma anche e soprattutto per quanto riguarda l’insufficienza della lingua, delle lingue a sua disposizione per esprimerlo.
Questo dubbio si fa spesso rabbioso sfogo ed è forse in questo senso che possiamo parlare di fallimento. Wu Ming 1 nel suddetto saggio sulla NIE, sottolinea come Sappiano le mie parole di sangue sia un fallimento e che, come tale, sia comunque interessante (Wu Ming 1, 2008: 22). Il fallimento al quale faccio riferimento è piuttosto una consapevolezza del non poter dire, non riuscir a dire quello che si vede e vive. È una riflessione sui limiti della lingua di poter comunicare, è mettere in discussione la capacità del giornalista di poter riportare eventi in modo neutro o quantomeno oggettivo. Esemplificativa è la pagina in cui Jones parla del percorso del reporter e dello scrittore. Se il primo “dà in pasto all’opinione pubblica” (…) “una notizia che regge” (Jones, 2007: 65), il secondo procede a tratti, attraverso il dubbio: “le parole si sospendono di colpo, in certe ore (…); poi il flusso riprende: parola per parola, la piaga verbale spurga e mi spossa” (Jones, 2007, 65).
A differenza di Sappiano le mie parole di sangue, Gomorra di Roberto Saviano (per citare un altro testo incluso nella NIE) ha più rispetto per la lingua italiana, ne sfrutta ad arte gli espedienti retorici, conferendo al testo forza e coerenza. Jones è irriverente, il suo italiano è costantemente minato e contaminato da altre lingue, dal bisogno di trovare altri modi per esprimere la realtà dei Balcani. L’io narrante sembra sempre perdere il controllo, sembra più coinvolto e destabilizzato. Allo stesso tempo, Babsi Jones, così come Saviano, ha ‘fede’ nella scrittura, nella sua potenzialità sovversiva e di denuncia, ha “fiducia nella parola e nella possibilità di ‘riattivarla’, ricaricarla di significato dopo il logorìo di tòpoi e clichés” (Wu Ming 1, 2008: 14), proprio perché alla fine il libro è stato scritto ed è arrivato fino a noi.
Materiale citato:
- Babsi Jones, Sappiano le mie parole di sangue (Milano: Rizzoli, 2007).
- Wu Ming 1, “New Italian Epic – Memorandum 1993-2008: narrativa, sguardo obliquo, ritorno al futuro”, 19 marzo-20 aprile 2008, versione 2.0,18 agosto – 12 settembre 2008 (le pagine citate fanno riferimento alla versione 2.0).
l'ira di tersicore (dopo aver visto "il ballo delle debuttanti")
Un giorno Tersicore si destò e disse basta. Scese sulla Terra armata di coraggio e ira e iniziò a dissolvere (così con un soffio, glielo aveva insegnato Morfeo) tutte quelle porcherie che in giro gli umani continuavano a chiamare con il nome di danza. Danza! Ma che sapevano queste persone di danza? Saper alzare una gamba o fare una piroetta non voleva mica dire danzaaaa! Era stata buona e tranquilla per troppo tempo, era necessario ristabilire una decenza. Possibile che a nessuna di queste persone fosse stato impartito anche solo qualche elemento base di storia e cultura della danza? Non riusciva a crederci, eppure, continuavano imperterriti a chiamare ‘corpo di ballo’ due o tre fanciulle seminude che agitavano i fianchi su musichette anonime. Continuavano a chiamare danza quello che era pura esecuzione (mal eseguita) di un passo o di una frase coreografica. Eh, frase coreografica, cielo chissà che sapevano poi di quello che erano le frasi coreografiche!
rosso come una sposa
sabato 27 settembre 2008
dialogo dei tre gessetti
Spezzato: zitto zitto, che se ti sente comincia con le sue tiritere.
Piccino: che c’è che non va? Sei appena arrivato, datti una calmata!
Intero: è che mi sembra che la lavagna si dia troppe arie. Senza di noi che si crede di fare? La protagonista di che?
Piccino: lo so lo so, ma lasciala fare, che lei sta sempre appesa qui, non sa cosa vuol dire essere spesso in movimento. Prendi me, per esempio. Ieri la prof di matematica mi ha lanciato di nuovo contro gli alunni.
Spezzato: quella è isterica. Altro che caos in aula l’ultima ora del sabato. Con la prof di matematica chi sgarra si becca uno di noi sulla testa!
Intero: Cielo, davvero succedono di queste cose? Io pensavo di meritare un po’ di rispetto.
Piccino: rispetto? Ma che…se non fosse per la bidella Belinda sarei nel cestino dell’immondizia o, peggio ancora, schiacciato da qualche ragazzino mentre si mette seduto o gioca col compagno.
venerdì 26 settembre 2008
monologo della lavagna (inizio scuola)
Ci risiamo, la scuola è iniziata di nuovo. Il viavai dei professori, la vivacità dei ragazzini, insomma si ritorna a lavorare. Ed era ora! Starsene da soli in un’aula per tre mesi non è una bella esperienza, si e no che si incontra una zanzara o una formica errante. Una tristezza assoluta. Mentre durante l’anno scolastico io sono quasi sempre la protagonista. Sono il terrore di chi viene mandato a scrivere una frase...uuh l’analisi logica, adoro quando l’insegnante di italiano fa fare l’analisi logica. E che dire dei problemi di matematica, uno spasso. Tutti quei numeri e quei simboli. Da qui se ne vedono delle belle, come per esempio la faccia degli studenti all’inizio della prima ora del lunedì, quasi tutti assonnati e tranquilli o il caos che fanno all’ultima ora del sabato. Volano aeroplani di carta, biglietti, pezzetti di gomma.
La scuola è iniziata, si aprano le danze!
margherita hack
Ascoltare Margherita Hack in una delle sue conferenze è come guardare il mondo da un’altra prospettiva, una prospettiva che ti fa rendere conto di quanto tu sia impercettibile eppure parte di un sistema complesso e infinito. Che ‘diranno’ le stelle di noi? Cosa penseranno di questi esserini che viaggiano tranquilli (mica poi tanto) verso l’autodistruzione? Certo, il sole ingloberà la terra fra cinquanta miliardi di anni, ma non c’è tanto da preoccuparsi perché, come mi ha fatto notare un’amica, per allora il genere umano sarà probabilmente estinto.
martedì 23 settembre 2008
the waves (1)
"When I cannot see words curling like rings of smoke round me I am in darkness - I am nothing." V.W.
lunedì 22 settembre 2008
sappiano le mie parole di sangue e new italian epic (2)
Lo stile epistolare vanta una lunga genesi che è rintracciabile sin dalla fine del 1400 con opere narrative che includevano numerose lettere all’interno del testo. Questo stile è stato spesso usato dalle scrittrici, in quanto rappresenta un ponte fra il privato, alle quali erano spesso confinate, e il pubblico, spazio generalmente appannaggio degli uomini. Secondo Anne Bower, “nello spazio privato delle lettere, le donne (…) hanno la libertà personale nella quale riscrivere se stesse e, a volte, gli altri” (Bower, 1997: 5). Il genere epistolare può includere lettere, diari o anche altri documenti. È un genere intimistico che ha ispirato molte opere famose anche nel Ventesimo secolo. Esempi celebri sono il Diario di Anna Frank (1986), o Il colore viola (1982) di Alice Walker, entrambe volte a trattare esperienze dolorose e traumatiche. Rispetto all’utilizzo della lettera, che presuppone una risposta anche se immaginaria (Bower 1997: 6), il diario è una sorta di dialogo con se stessi, manca di quell’apertura propria della lettera.
Lo stile epistolare viene ripreso da Babsi Jones nel suo Sappiano le mie parole di sangue e viene destrutturato. Le sue lettere immaginarie sono rivolte ad una figura simbolica chiamata Direttore, che sembra rappresentare, come ho già affermato altrove, “tutto quello che l’informazione ha di distorto, marcio, manipolato” (Simonari, 2008: 18). È un rivolgersi sarcastico che non permette l’uso del classico incipit ‘caro’ e che emerge non tanto all’inizio di ogni brano, ma all’interno della narrazione, spezzando l’illusione della storia e riportando il lettore alla realtà iniziale dell’opera che comincia appunto con “Direttore, / dovrei dirti che è l’ultimo giorno, ma non so di che cosa: di qualcosa che va a terminare, un finale di partita che finisce per persa” (Jones, 2007: 9). Già da questa prima frase emerge la stanchezza, la sfiducia e il dubbio della protagonista che, nell’uso del condizionale, mostra l’irriverenza che caratterizzerà il suo rapporto con il Direttore.
Sappiano le mie parole di sangue riprende della lettera la struttura che indica la data e il luogo, mescolandola con il fax o l’email con l’inserimento dell’oggetto, come a dire il tema della missiva. A queste indicazioni, però, non corrispondono informazioni pertinenti. Per esempio la prima sottosezione riferita alla prima giornata apre con “Tempo reale. Lunedì. / Una kafana. Mitrovica nord. / Oggetto. Per i vivi, per i morti.” (Jones, 2007: 13). Abbiamo il giorno ma non abbiamo la data precisa, il luogo è anch’esso piuttosto vago e l’oggetto suona come una dedica, più che un tema da trattare. Inoltre la narrazione è puntellata da note esplicative o che rimandano ad altri racconti tolti in fase di editing e consultabili sul sito di Jones: http://slmpds.net/babsi (da qualche giorno il sito sembra non essere più attivo). La lettera si muta in saggio che viene, a sua volta, stravolto dallo stile giornalistico mescolato a quello del romanzo (sorvolo sull’intertestualità con Amleto a cui spero di poter dedicare una riflessione a parte). Insomma, Sappiano le mie parole di sangue è un UNO (Unidentified Narrative Object, oggetto narrativo non identificato, Wu Ming 1, 2008: 8), in quanto non collocabile all’interno di categorie come romanzo o reportage e risponde anche per questo ad alcune delle categorie della NIE (New Italian Epic, nuova epica italiana) teorizzata da Wu Ming 1, quali quella sopra citata, o quella, di cui continuerò a parlare nella prossima ‘puntata’, della “sovversione ‘nascosta’ di linguaggio e stile” (Wu Ming 1, 2008: 20), o anche quella della “comunità e transmedialità” (Wu Ming 1, 2008: 23). Ritorniamo di nuovo alla pertinenza del termine quasiromanzo, l’avverbio “quasi” rimanda a qualcosa che non è completo, finito, terminato. Allo stesso tempo esprime una condizione di vicinanza, nello specifico, al romanzo, che rimane sempre tale, creando una tensione e anche una provocazione (si veda in questo senso la recensione di Wu Ming 2 su Nandropausa del 13 dicembre 2007). Dello stile epistolare forse Sappiano le mie parole di sangue conserva il senso di apertura, il bisogno di comunicare la stoltezza della guerra e di quella guerra. È un’opera aperta dove la fine lascia il posto al senso di sospensione dato dall’ultima parola del testo, “legger” (Jones, 2007: 240), troncata e priva di alcuna punteggiatura (neanche i puntini di sospensione) a dare il sigillo finale. Sta al lettore reagire, partecipare, fare.
Materiale citato:
- Anne Bower, Epistolary responses: The Letter in 20th-Century American Fiction and Criticism (Tuscaloosa: Alabama UP, 1997).
- Babsi Jones, Sappiano le mie parole di sangue (Milano: Rizzoli, 2007).
- Rosella Simonari, “Parole di sangue”, recensione a Sappiano le mie parole di sangue di Babsi Jones, Leggere Donna, n. 136, settembre-ottobre 2008, p. 18.
- Wu Ming 1, “New Italian Epic – Memorandum 1993-2008: narrativa, sguardo obliquo, ritorno al futuro”, 19 marzo-20 aprile 2008 (versione 1.0), 18 agosto – 12 settembre 2008 (versione2.0)