sabato 11 dicembre 2010

busy...

I am still very busy with the final phase of my research, which is coming to an end. Will be back soon!

Sono molto occupata con la fase finale della mia ricerca, che sta arrivando alla fine. Tornerò presto!

venerdì 29 ottobre 2010

stillness is movement

La staticità è movimento!

martedì 28 settembre 2010

is a word dead when it is said? (essay)

Last April, the Cambridge Scholars Publishing has published the volume, Expression in the Performing Arts, which contains my essay, "Is a Word Dead When It Is said?: Relationship Between Text and Performance in Martha Graham's Letter to the World". This book is the result of the Conference, The Expression of Subjectivity in the Performing Arts, held at the Universidad Politécnica de Valencia, Spain, on November 23rd through 26th, 2008.

lamentation (1930)

Choreography, costume, lighting: Martha Graham.
Dancer: Martha Graham.
Music: Zoltan Kodaly.
Premiere: Maxine Elliott's Theatre, New York, January 8th, 1930.
Video: click here (fragments of the piece performed by Graham) and here (the 1976 perfomance with Peggy Lyman).
Photographs: click here, here, here and here.

Lamentation is not a piece about a suffering woman, but about the notion of pain. It is a very minimal solo work, as the dancer mainly sits on a bench, slightly moving her torso. The extraordinary aspect of Lamentation is the costume, which fundamentally contributes to giving shape to the choreography. It consists of a tubular purple fabric, originally made of wool, now made of lycra. It covers the dancer's body, except for her face, neck, hands and feet. As she moves, it draws lines that connect parts of her body, thus creating the dynamic tension of the work.
Here is the link to another analysis I made, based on important dates related to the piece.

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Coreografia, costume, luci: Martha Graham.
Danzatrice: Martha Graham.
Musica: Zoltan Kodaly.
Prima rappresentazione: Maxine Elliott's Theatre, New York, 8 gennaio 1930.
Video: cliccare qui (frammenti del pezzo in cui danza Graham) e qui (la performance di Peggy Lyman del 1976).
Fotografie: cliccare qui, qui, qui e qui.

Lamentation non ha a che fare con una donna sofferente, ma con l'idea del dolore. E' un assolo molto minimale, in quanto la danzatrice sta soprattutto seduta e muove leggermente il torso. L'aspetto straordinario di Lamentation è il costume, che contribuisce in modo fondamentale a plasmare la coreografia. Consiste in un tubo di stoffa lilla, originariamente fatto di lana, ora di licra. Copre il corpo della danzatrice, ad eccezione per faccia, collo, mani e piedi. Nel momento in cui ella si muove, disegna linee che connettono parti del corpo in modo da creare la tensione dinamica del pezzo.
Qui il link ad un'altra analisi (in ingelse) che ho fatto a partire da date importanti collegate all'assolo stesso.
(Traduzione in italiano inserita il 30 ottobre 2010).

lunedì 27 settembre 2010

altai (la danza di mukhtar)

In Altai (2009), l'ultimo libro dei Wu Ming, uno dei momenti più rarefatti è dato dalla danza della guerriera indiana Mukhtar, che ha luogo sulla barca che la conduce, assieme ai suo compagni e al protagonista, Manuel Cardoso, alla ricerca del pirata Mimi Reis. Mukhtar, e suo fratello gemello Hafiz, sono fedeli compagni del vecchio Ismail, che li ha liberati dallo stato di schiavitù. Qui di seguito la descrizione della danza fatta dal punto di vista di Cardoso:

La donna tracciò con un gesto bianco una figura geometrica sulle assi del ponte, poi sistemò i piedi in corrispondenza di certe linee e iniziò a muoversi in una danza che pareva simulare un combattimento. Il suo corpo sembrava appartenere a un rettile, o a una lince. Avevo veduto grandi lottatori e schermidori trovar di braccia, allenare cioè le prese e i colpi a mano nuda, e benché i movimenti della fanciulla fossero molto più aggraziati e meno diretti, le membra parevano contenere una forza simile a quella di una molla compressa, pronta a scattare (pp. 223-224).

Come si può notare, la danza è assimilabile ad un combattimento, un po' come la capoeira brasiliana, e il corpo della guerriera, anche se paragonato a due animali, non viene reificato e non è neppure oggetto di desiderio. È questo un elemento non secondario, visto che l’associazione donna –danza, di solito, sfocia in una danza di seduzione. Tanto più se parliamo dell'India, una cultura lontana dall'Europa e percepita come esotica. I Wu Ming optano piuttosto per una danza sacra strettamente collegata alla formazione di guerriera di Mukhtar. Il suo amico Ali spiega a Cardoso: "Vedi i segni che ha tracciato per terra? nella loro lingua, si chiama Kalam, Serve a rendere i passi precisi e le angolazioni di attacco e difesa efficaci. Nella lingua del Libro, Kalam significa la parola di Dio" (p. 224).

un vestito di luce (1)

"Rose-Alba Almevida


Sono propio io, affacciata in bella vista alla finestra spalancata della portineria, dal lato della strada. (...) Do l'impressione di gurdar fuori, ma in realtà mi occupo segretamente solo di me stessa. Penso a me incessantemente. E ai soldi. I soldi di cui ho bisogno per esprimermi pienamente, senza limiti, in tutta la mia persona, interamente esposta al sole immenso della notorietà. Il mio unico figlio, Miguel, è con me, nello stesso insostenibile fulgore. Un vero piccolo torero, radioso nel suo luccicante costume. Che sia nudo o vestito, mio figlio brilla e io, sua madre, brillo con lui. Olé! olé! sento le grida della folla in delirio."

Anne Hébert, Un vestito di luce, trad. e cura Maria Piera Nappi (Ferrara: Tufani, 2007), p. 11.

appello Leggere Donna

lunedì 20 settembre 2010

spot core

Il CORE (Coordinamento Regionale della danza contemporanea e delle arti performative del Lazio) ha lanciato una campagna video che trovo problematica. Qui il link. Lo spot presenta un estratto dalla coreografia Volumen II della compagnia spagnola Societat Doctor Alonso e vede la danzatrice Sofia Asencio interagire con un dj che, di volta in volta, le fascia gli arti limitando così i suoi movimenti. Qui il link ad un altro estratto. E' una coreografia interessante che pone delle questioni sui corpi della danza contemporanea, corpi che includono anche i diversamente abili, come hanno ampiamente dimostrato compagnie quali la CanDoCo e danzatori come David Toole.

Alla fine di questo estratto una frase recita: "Non mutilate la danza contemporanea", frase che stravolge la leggerezza e sottile ironia del video, in quanto si fonda su di un principio di esclusione e di negazione. Mi spiego. L'imperativo negativo associa il corpo mutilato
per finta della danzatrice alla metafora della mutilazione della danza contemporanea, che soffre di poca attenzione da parte di enti e media. Il retaggio attaccato a quell'imperativo negativo fa, in qualche modo, leva sull'ideologia del corpo perfetto di matrice rinascimentale, quella stessa ideologia che ha portato alla creazione della danza classica. In questo modo si attua l'esclusione dalla danza contemporanea di tutti quei corpi differenti, magari mutilati o diversamente abili, che, invece, proprio lì, hanno trovato e trovano una zona franca dove potersi espirmere liberamente. Mah...

l'eredità dei maestri

Una serie di laboratori e incontri per celebrare il centenario della nascita di Alwin Nikolais e il venticinquesimo anniversario della prima coreografia dei Sosta Palmizi, Il Cortile (1985), che segna l'inizio simbolico della danza contemporanea in Italia. Qui maggiori dettagli.

domenica 19 settembre 2010

heretic (1929)

Choreography, costumes and lighting: Martha Graham.
Dancers: Martha Graham and her Group of female dancers.
Music: Old Breton song, 10 bars long, repeated throughtout the dance.
Premiere: Booth Theatre, New York, April 14th, 1929.
Video: click here.
Photographs: click here, here and here.

Heretic is the first important group work Martha Graham created in her career. In particular, it is the first piece through which her choreosophy (embodied choreo-knowledge) gained shape. It consists of the sharp contrast between an individual and a group. This contrast is created through two main aspects: the colour of their costumes, white for the lone protagonist and black for the group; and their movement quality, fluid for the former, and rigid, mechanical and performed in unison for the latter. The title of the piece refers to the white-dressed dancer's battle against the wall of black-dressed women, who is trying to stop her from expressing herself. These women represent the puritanical concept of art, a concept filled with denial and lack of freedom, while the heretic embodies the notion of art as freedom. It also embodies Graham's attempt to affirm her notion of dance as a serious art, as opposed to dance as pure entertainment. In the end, the heretic is defeated.

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Coreografia, costumi e luci: Martha Graham.
Danzatrici: Martha Graham e il suo Group di danzatrici.
Musica: Vecchia canzone bretone, di 10 battute, ripetuta durante la coreografia.
Prima rappresentazione: Booth theatre, New York, 14 aprile 1929.
Video: cliccare qui (commentato in inglese).
Fotografie: cliccare qui, qui e qui.

Heretic è il primo importante lavoro di gruppo di Martha Graham. In particolare è il primo pezzo attraverso il quale la sua coreosofia (coreo-conoscenza incarnata) prese forma. E' caratterizzato dal contrasto tagliente fra un individuo e un gruppo. Questo contrasto è dato da due aspetti principali: il colore dei loro costumi, bianco per la protagonista solitaria, e nero per il gruppo; e la qualità del loro movimento, fluido per la prima e rigido, meccanico ed eseguito all'unisono per il secondo. Il titolo del pezzo fa riferimento alla battaglia che la danzatrice in bianco combatte contro il muro di donne in nero, che tenta di impedirle di esprimersi. Queste donne rappresentano il concetto puritano dell'arte, un concetto pieno di negazione e mancanza di libertà, mentre l'eretica incarna l'arte come libertà. Esso rappresenta anche il tentativo di Graham di affermare la sua nozione di danza come arte seria, in contrasto con la nozione di danza come puro intrattenimento. Alla fine, l'eretica viene sconfitta.

sabato 18 settembre 2010

il ballo di paride

Il ballo di Paride è un ballo promosso da Victoria Cabello nella sua trasmissione Victor Victoria. Consiste in un unico passo ripetuto all'infinito. Il passo in questione è dato da uno spostamento di peso fatto con un saltello. Le braccia vanno posizionate in avanti, il bacino spostato leggermente indietro per poi essere lanciato in avanti attraverso un salto eseguito con entrambe le gambe leggermente divarcate, mentre le braccia vanno in senso contrario, creando così un contrasto visivo. E' solo apparentemente semplice, ma di non scontata esecuzione, proprio per lo spostamento di peso a scatti del bacino.
E' un movimento piuttosto meccanico che si discosta dai balli imbevuti di pseudo-sensualità propinati dalla televisione degli ultimi anni. Richiama lo stile della break-dance proprio per lo scatto del bacino fatto in corrispondenza del movimento delle braccia in senso constrario. Cabello chiede ai suoi ospiti di farlo a seguito della loro entrata in scena. In diversi casi, nascono delle varianti, come l'esecuzione lenta e sensuale di Ornella Muti (qui il link) che non comporta lo spostamento di peso, quella con l'aggiunta di passi di Luca Tomassini (qui), quella a trenino del Trio Medusa (qui), quella con shake finale di Lunetta Savino (qui). Dato che il ballo si adatta a qualsiasi tipo di musica, essa viene cambiata di volta in volta.
Su facebook vi è il fan club del programma che porta il nome di questo ballo. Qui il link.

sabato 11 settembre 2010

bodies that move!

La danza non ha a che fare con il corpo, la danza ha a che fare con il corpo in movimento!

venerdì 10 settembre 2010

veline, nyokke e cilici

Giovanna Campani, Veline, nyokke e cilici - femministe pentite senza sex e senza city, prefazione di Franca Bimbi, Odoya, Bologna, 2009, pp. 210, € 14.

Lo studio di Giovanna Campani è interessante e aggiunge dei tasselli importanti al discorso sulla manipolazione del corpo femminile in televisione. Docente di Pedagogia Interculturale presso l'Università di Firenze, Campani preferisce il genere pamphlet allo studio sistematico dell'argomento, che avrebbe richiesto più tempo. Questa scelta è legittima anche se va a discapito di un maggiore approfondimento, di uno stile che, in alcuni casi, diviene troppo colloquiale, e di un’approssimazione nel sistema delle citazioni che, a volte, non riportano la fonte.

L’argomento trattato da Campani è spinoso. Riprendendo la teoria del backlash (contrattacco) della giornalista statunitense Susan Faludi, la studiosa sottolinea come, anche in Italia, si sia assistito, negli ultimi decenni, ad un regredire della società rispetto alle conquiste del femminismo negli anni Settanta. Campanani introduce l'argomento esemplificando la teoria di Faludi per poi proseguire illustrando gli esempi del backlash italiano, che "si è principalmente manifestato nella televisione e solo parzialmente nel cinema e nella stampa" (p. 84). Fa esempi eclatanti e riporta fonti da testi, giornali e internet.

Di particolare rilievo il suo studio sugli stereotipi di genere nei media, fatto in collaborazione con il progetto spagnolo ARESTE (acronimo di ‘eliminando stereotipi’) istituito dalla Dirección General de la Mujer della Comunità Autonoma di Madrid, a partire dal 2000. A seguito di questa esperienza, nel 2002, Campani produsse anche un video che risultò essere “una sequenza di donne discinte ancheggianti, in balletti ad alto significato erotico, nonché di donne poco vestite usate come soprammobili accanto a signori in giacca e cravatta” (p. 77). Ovviamente questo lavoro fu ignorato dal Ministero per le Pari Opportunità, che aveva già ignorato, in passato, lo studio che Campani aveva fatto per ARESTE.

Il pamphlet di Campani è incisivo su molte questioni e pone il problema in modo competente. Tuttavia, il suo discorso sembra dipendere quasi totalmente dallo studio di Faludi, che, a tratti, viene presentato come una rivelazione che non può e non deve essere ignorata. Campani ridicolizza l'importante proposta per un uso della lingua italiana rispettoso della dignità di genere di Cecilia Robustelli, sottolineando come sia “una vera battaglia contro i mulini a vento, se non si fa l’analisi complessiva del backlash” (p. 128). Attacca anche Lea Melandri che, a suo dire, parla della situazione in tv troppo tardi, “una domanda a Lea Melandri: bisognava aspettare il 2009? Non si poteva già da tempo fare qualcosa?” (p. 119). Trovo inutile questo accanimento e denigrazione del lavoro altrui. Campani si lamenta ripetutamente della mancanza di voci contro il sessismo in tv, quando già nel 2006 un altro pamphlet, aveva denunciato la situazione. Si tratta di Contro le donne nei secoli dei secoli di Silvia Ballestra, scritto con arguzia e ironia sprezzanti, “questo libro è una scenata. È una scenata mia personale. C’è chi scrive dotti saggi, chi preferisce i sermoni, e questa invece è una scenata” (p. 9). Il primo capitolo è appunto dedicato alle donne nei media, “è Mediaset: la tv di Antonio Ricci, questo progressista che ha inventato le veline, ovvero graziose ragazzette pocciute e chiappute (sempre riprese dal basso) da sparare nel magico mondo delle star” (p. 21).

Su chi si chiede perché le donne stiano zitte, dico che non si pone la domanda nella maniera opportuna. Le donne non sono mai state zitte: c’è un vastissima gamma di studi, eventi, libri, video di donne e uomini sulla cultura delle donne, che, per il solo fatto di esserci, testimoniano di modi altri di essere donne (penso alla produzione di piccole case editrici come quella di Luciana Tufani o ad associazioni letterarie come quella della Società Italiana delle Letterate, o ancora alla Casa Internazionale delle Donne che raccoglie molte associazioni e non solo); essi però restano ai margini del mondo mediatico e, spesso, anche di quello accademico. Bia Sarasini, a proposito del presunto fallimento del femminismo, parla della rimozione che ne è stata fatta, “il Movimento è stato estromesso dal racconto corrente della società e della politica italiana” (qui il suo articolo) . Semmai bisognerebbe chiedersi come mai ciò sia accaduto e che ruolo abbiano o non abbiano avuto le femministe al riguardo.

che banca! (lancio)

Nel 2008, Che Banca!, la banca del Gruppo Mediobanca, ha lanciato uno spot televisivo ispirato al musical statunitense, curato dalla agenzia Casiraghi Greco &. Qui il sito dell'agenzia dove si può trovare lo spot lancio. I 30 secondi dello spot sono pieni di frasi coreografiche danzate al ritmo incalzante della celebre canzone di Fred Buscaglione, Che bambola! (1956), il cui testo è stato riadattato per l'occasione. In particolare, il nome stesso della banca ricalca l'espressione esclamativa del titolo della canzone, ponendola su di un livello diverso rispetto ai nomi delle altre banche. Il fatto poi che questa esclamazione sia preceduta da un fischio, presente già nella canzone di Buscaglione, non fa che aggiungere enfasi su enfasi.

La coreografia si apre all'interno di una delle filiali della banca, dove un piccolo esercito di danzatori e danzatrici si muove in completi e tailleur grigio chiaro, per attrarre un cliente (il protagonista dello spot) che passa di lì. Egli si ferma, entra e si ritrova attorniato dagli impiegati danzatori, tra i quali spunta un'impiegata in giacca a pantaloni che gli fa fare un 'casché' appassionato. Il fatto che sia lei a guidare il passo invece che lui (di solito è un uomo che sorregge la donna mentre esegue questo tipo di passo in danze come il tango) viene invalidato dal sottotesto sessista della canzone, in quanto, subito dopo, uno degli impiegati emette il fischio a cui segue l'espressione esclamativa ‘Che Banca!’. In questo modo, viene stabilito un nesso diretto fra la banca e la danzatrice, in un certo senso la banca viene presentata come se fosse una donna attraente.

A seguito di questa frase coreografica, tutti escono dalla banca, quasi a voler contaminare il resto del quartiere con la loro allegria. Vi sono passi eseguiti da singoli danzatori e di nuovo dal gruppo di impiegati in grigio, questa volta divisi per genere, le donne stanno pressoché ferme, mentre gli uomini si muovono secondo due linee sfalzate. Lo stile è principlamente costituito da salti, giri e slanci delle gambe, con delle citazioni dal tip tap, come nella sequenza, dal sapore anni Cinquanta, in cui due addetti ai bagagli di un hotel, eseguono dei calci saltati. Ad essi si aggiungono molte altre persone, fino alla scena finale dove il protagonista rilancia fischio ed esclamazione da un balcone mentre, nella piazza sottostante, tutti gli altri danzano insieme come presi da un'euforia collettiva.

sabato 4 settembre 2010

sally rand and martha graham

In 1934 Vanity Fair published one of its "Impossible Interview", featuring fan dancer Sally Rand and modern dancer Martha Graham. Here a reproduction. Besides the imagininary interview between tese two very different dancers, the piece presented Miguel Covarrubias's coloured cartoon, which exemplifies the style of the two artists. On the one hand, Rand is presented as curvacious and naked, partially covered by pink feathers; her face expresses joy, and is framed by her curly long blond hair. On the other hand, Graham is portrayed as skinny and dressed with a red dress, through which she creates dynamic lines; her face is dark, her eyes made of spiralling lines, and her hair black and straight.
Covarrubas's cartoon is significant in conveying how Graham's dance was perceived at the time. Graham was not yet the icon she would become from the 1940s onward, and her approach to dance was seen as too serious and obscure. A dance critic (possibly John Martin) used to say that, as a dancer, she did an inadmissable thing, she made you think!
Graham's attempt, as well as the attempt of other modern dancers, such as Doris Humphrey and Helen Tamiris, was to create a respectable place for dance in the arts. To do so, she avoided all the seductive and exotic tinges, which were typical of vaudeville circuits, and stripped body movement to its bare essentials.

domenica 29 agosto 2010

mirror mirror (4)

Ispirato a questo saggio di Lea Melandri.

sabato 28 agosto 2010

parmigiano reggiano (quando c'è si nota)

Per gli anni 2006, 2007 e 2008, il Consorzio del Parmigiano Reggiano ha ideato una divertente campagna pubblicitaria ispirata al genere musical. Qui lo spot completo delle varie versioni, compresa quella natalizia. I danzatori sono stati tramutati in ortaggi o pasta, la cui vita viene riaccesa dall'arrivo del Parmigiano Reggiano.
I costumi dei danzatori sono caratterizzati da imbottiture che limitano molto l'articolazione dei movimenti, anche se i colori vivaci rendono l'atmosfera allegra. La coreografia consiste in spostamenti minimi del busto, saltelli e giri. L'effetto coreografico viene dato principalmente dal fatto che questi movimenti vengono fatti in coppia o in gruppo. La scena è fatta di un pavimento a scacchi bianchi e rossi dove troneggia una gigantesca forma di parmigiano (da cui il sottotitolo della campagna), dalla quale escono dei buffi danzatori vestiti da scaglie con delle parrucche bionde in testa. La colonna sonora dello spot è la travolgente Mamma Maria (1982) dei Ricchi e Poveri, il cui testo è stato riadattato per l'occasione.

Il genere musical è da anni presente sul nostro territorio. Esso si caratterizza per la combinazione di varie arti quali la musica, il canto, la danza e la recitazione. La danza, di solito, ha un ruolo funzionale alla storia narrata e subalterno alla musica, come si evince da nomi di compositori famosi anche grazie al musical, quali George Gershwin e Andrew Lloyd Webber. Un musical difficilmente è noto per il coreografo o coreografa che ne ha curato le parti danzate, mentre spesso, appunto, viene ricordato per l'autore delle musiche o, eventualmente, della storia. Eppure, Cats (1981) non avrebbe probabilmente ottenuto il successo planetario che lo accompagna da decenni, senza le coreografie di Gillian Lynne. Così come West Side Story (1957) non si sarebbe impresso nella mente di molti senza le coreografie firmate da Jerome Robbins.

Per quanto concerne l'uso di costumi ingombranti, mi viene in mente il balletto ideato dallo scultore e pittore del Bauhaus, Oskar Schlemmer, Triadisches Ballet (1922) [balletto triadico], incentrato sul principio della trinità. Il balletto è infatti diviso in tre atti e consta di tre danzatori (due uomini e una donna), dodici scene e diciotto costumi. Questi ultimi si caratterizzano per le forme geometriche che trasformano la figura umana in un disegno astratto. Furono i primi ad essere concepiti, poi venne la musica ed infine la danza. Qui, qui e qui delle foto. Qui un estratto video della ricostruzione del balletto.
(post riveduto e integrato il 10 settembre 2010)

venerdì 27 agosto 2010

surreal friends

SURREAL FRIENDS
Pallant House Gallery
Chichester, UK
June 19 – September 12
http://www.pallant.org.uk/home

Pallant House Gallery has organised a beautiful exhibition dedicated to three women artists, Leonora Carrington, Remedios Varo and Kati Horna. Its title, Surreal Friends, refers to the fact that they developed their art in relation to Surrealism, to which they added a peculiar and enchanting perspective, and, most of all, to the fact that they were good friends. All of them, in fact, went through the trauma of war and exile. They were European (Carrington was English, Varo Spanish, Horna, Hungarian) who travelled to Mexico to escape from Nazism and Fascism.

The exhibition is a celebration of their sisterhood. As Joanna Moorhead has noted, their escape represented a kind of liberation from the bonds society had put on them. Carrington came from a good family who introduced her to king George V and expected her to have a suitable marriage; Varo was raised in a convent; and Horna had a poor and difficult childhood. In Mexico City, they were able to marry and, except for Varo, have children, according to their own way, precisely because “their new homes gave them the space and peace to deconstruct their previous, action-filled existences”. Of the three, Carrington is still alive and still living in that house where she used to meet her friends. Even though the exhibition is dedicated to them, it presents their work in separated rooms, thus maybe missing part of the point in bringing them together.

Carrington (1917) is possibly the most disturbing artist of the three. Her paintings are not always characterised by the same style and her imagination gives life to the most curious and unexpected shapes. There is often a sinister sense of awareness of what the subconscious can produce in her canvases. One of the most striking works is The Giantess, also called The Guardian of the Eggs (1950). It presents a fair haired woman with a small, almost childish face, and a strong-built body, that occupies almost all the painting. The colour of her hair is in contrast with that of her red dress and white cloak. Her tiny hands take care of a small egg, as if it were the most precious thing in the world. Then, the sinister touch: the giantess is surrounded by grey birds, two of which are coming out of her cloak. Are they her birds? Is she their guardian too? Maybe they are just her creatures. At her feet and behind her, other worlds are presented. A Lilliputian wood is populated by a group of people and numerous dogs. Both of them are running after a naked four winged female figure, who maybe inspired the fantastic six winged character from Carrington's novel The Hearing Trumpet:

…and we witnessed for a second an extraordinary creature. It shone with a bright light coming from its own body, the body of a human being entirely covered with glittering feathers and armless. Six great wings sprouted from its body and quivered ready for flight.


Behind the giantess, there is a sea of marvels, with boats, fish of many kinds and a whale. This powerful image is rooted in the Virgin’s iconography, but is much more assertive and self-aware. She does not look like a devoted mother, but rather as a sacred priestess. Her hair, for example, is not covered by any veil, but shines as the most luminous point in the painting. Other paintings displayed in the exhibition include, Green tea (or La Dame Ovale) dated 1942, characterised by a woman wrapped in a black and white fabric, surrounded by a garden with strangely shaped trees; and The House Opposite (La Maison En Face) (1945), a work where many female creatures run, prepare green-coloured potions and move between the different levels of the house they inhabit.

Remedios Varo (1908-1963), is quite a different story. Her sign is more precise and filled with minute details, and her style remains quite consistent. However, as her friend, she was able to create imaginary worlds too. And she did so mainly following two recurring aspects: the repetition of a face with autobiographical traits and the invention of mechanical devices surrounding or containing her figures. In her intimate paintings, a figure, whose eyes especially recall those of Varo’s, recurs. According to Janet Kaplan, Varo’s “work is filled with self-portrait characters, but they are abstracted, metaphoric, ironic. Placed in a variety of situations (…) they become symbolic equivalents of the artist herself”. In Encounter (1959), a woman sits at a round table in a room. She is wrapped in a light blue set of fabrics that constitute the fluid, dynamic and chromatic quality of the work. Part of these fabrics reach a box on the table, a box the woman is opening. From inside the box her same face appears, as if to underline that the most important encounter we can have, is with ourselves. With regards to the mechanical devices, Varo learnt to draw them from her father who was a hydraulic engineer and often asked her to copy his drawings to keep her quiet when she was a child. In Spiral Transit (1962), Varo creates a fortified wall that develops according to a spiral shape and is filled with water. In its spiralling canals, strange machines, a mixture of wheeled and womb shaped boats, sail. Neither of them has an engine, but moves thanks to the wind or the work of its sailor. Other paintings included are the stunning Dragonfly Woman (1956-1958), where Varo’s masklike self-portrait is used to create an eerie figure, a woman-dragonfly filled with tiny translucent wings.

Kati Horna (1912-2000), was not a painter, but a photographer, and she is the less known of the three. She was a war photograph during the Spanish Civil War and became a portrait photographer in Mexico. As Joanna Moorhead has noted, “she is a master at using inanimate (if often human-related) objects – the doll, the mask, the puppet – to convey emotion and struggle and reality”. One witty example is Couple, Series, Fleamarkets of Paris, taken in 1934. It presents two cardboard figures, a man and a woman, standing one in front of the other, among other objects of the market, like a pair of shoes and a table. David Bate has argued that “the surreal is (…) a signifying effect (…) where a meaning is partially hidden, where the message appears ‘enigmatic’ regardless of how (…) it has been produced”. Horna’s photograph refers to the idea of a couple, presenting a man and a woman, but makes it enigmatic by choosing two cardboard figures to represent them. Horna also used the technique of collage and photomontage as it can be seen in The Aragón Front (1938), where the face of an aged man and of a kid behind him, is placed against the bare wall of a house destroyed by war. It is of great dramatic effect. Other stunning photographs showed in the exhibition, feature The Umbrellas (1937), where Horna’s camera captures from above a street filled with people with umbrellas, ; and Remedios Varo in a Mask by Leonora Carrington (1957), where Varo’s profile is framed by Carrington’s mask, made of a face surrounded by black lace. Emblematic and mocking, it is a tribute to the three artists’ friendship and art.

martedì 24 agosto 2010

domenica 22 agosto 2010

l'erba voglio

Francia e Italia
vogliono trasformare i Rom
in una specie in via d'estinzione,
ma l'erba voglio
non esiste
neanche
nel giardino dei re!

sabato 21 agosto 2010

la danza fuori dalla scena (atti)

E' uscito da qualche mese il volume, La danza fuori dalla scena - Cultura, media educazione (cliccare sul titolo per informazioni e ordini), frutto delle giornate di studio a Chieti, il 19 e 20 giugno 2009. Qui e qui due link. Il volume contiene il mio saggio, "Sulle tracce di Letter to the World: lo studio di una coreografia di Martha Graham fra ricostruzione e precarietà", dove analizzo la coreografia di Graham secondo una prospettiva metatestuale, indagando le problematiche inerenti la sua ricostruzione e la condizione di precarietà che ne ha costituito e ne costituisce il background. Sulla precarietà degli studiosi italiani ho creato una strisica a fumetti a cui ho dedicato un blog, The p.s. - la studiosa precaria, qui il link.

venerdì 20 agosto 2010

la scossa

La scossa è uno stacchetto di danza all'interno della trasmissione L'Eredità. Fu ideato da Amadeus (a quanto ha dichiarato lui in una puntata di Victor Victoria) e principalmente danzato dalla sua allora partner ed ora consorte Giovanna Civitillo, quando entrambi facevano parte del programma (dal 2002 alla primavera del 2006). Dall'autunno 2006, è condotto da Carlo Conti e da quattro ragazze sue assistenti, chiamate le professoresse. La scossa era una breve frase coreografica eseguita su di una musica ritmata, di solito una hit del momento o una canzone famosa. Ora è costituita dall'entrata in scena, completa di musica, di una delle professoresse, che accenna appena a qualche movimento.
I movimenti della scossa di Civitillo erano soprattutto movimenti delle braccia, torso e bacino, con una limitata articolazione delle gambe, presumo a causa dello spazio limitato in cui si muoveva. Civitillo inoltre eseguiva numerosi scatti con la testa, il cui effetto era potenziato dai capelli lunghi e sciolti. Qui un esempio in video. I costumi indossati da Civitillo erano disegnati in modo da esaltare il torso e il bacino, lasciando scoperte le gambe; ai piedi indossava delle scarpe col tacco. Le inquadrature della cinepresa di turno, di solito, erano dal basso verso l'alto in modo da sottolinearne le curve in modo alquanto esplicito (in questo video senza audio si rasenta la pornografia).
Gli stacchetti non presentavano una particolare invenzione coreografica, anzi tendevano a ripetersi con minime variazioni. L'interpretazione era piuttosto piatta, anche se i movimenti erano piuttosto seducenti ed energici. Civitillo danzava una caricatura della femme fatale che, nel contesto del gioco a quiz, diveniva grottesca: ella danzava in uno spazio circolare attorno al quale stavano i concorrenti; a volte utilizzava la struttura che ne segna il perimetro come sostegno per una mossa (come in questo caso); il conduttore e i concorenti, così come il pubblico, indossavano abiti comuni o eleganti, mentre Civitillo si presentava quasi nuda con abiti succinti, come se fosse in un night club.
Questo stacchetto andava in onda nella fascia preserale e, nel 2004, l'allora presidente Rai, Lucia Annunziata, lo criticò aspramente. Nella sopramenzionata puntata di Victor Victoria, Amadeus ha sottolineato la preparazione classica di Civitillo, quasi ad aggiungere una beffa alla sua immagine. Non importa essere diplomate in danza classica se poi in tv ti spogliano e ti fanno ancheggiare come una pornodiva. Interessante notare che, quasi per una legge del contrappasso, Victoria Cabello ha chiesto ad Amadeus di danzare una sua versione della scossa durante la trasmissione.

venerdì 13 agosto 2010

carmella (the hearing trumpet)

Carmella is the funniest character in Leonora Carrington's The Hearing Trumpet. She is the protagonist's best friend and the one who gives her the hearing trumpet as a present. She is bald and always wears a red wig, "a kind of queenly gesture to her long lost hair". She is described as a "very intellectual woman" whose main passion is to write letters to people she does not know and who never reply to her. When Marian tells her of her son's idea to send her to a house for old women, Carmella's reaction is unpractical and totally hilarious: "'You might escape to Lapland' said Carmella. 'We could knit a tent here so you wouldn't have to buy one when you arrived'".
While in the institution for old women, Marian receives a letter from Carmella where she mentions the dream of a nun (thus recalling the painting of the winking nun in the Institution) and plans a possible escape based on "undeground passages". Carmella then goes to pay a visit to Marian and gives her chocolate biscuits and a bottle of port, kept in a water bottle, "in case anybody might examine the basket".
Later on, Carmella comes to rescue her friend from Dr. Gambit's rigid stubborness, when she convinces him to send away Natacha and Vera, suspected of poor Maude's death. By chance, she discovers a mine of uranium in her house and becomes a millionaire. As a consequence of that, she decides to go and stay with her friend and help her out during the new glacial era, with the aid of a violet limousine stuffed with coats and food and Majong, her chauffeur.
Accordng to Ali Smith, who wrote the beautiful introduction to the Penguin 2005 edition, Carmella is inspired by Remedios Varo, Carrington's Spanish friend, whose paintings are full of rich and sofisticated inventiveness. Pallant House Gallery (Chichester, UK) has organised a stunning exhibition dedicated to Carrington, Varo and their friend Kati Horna. Significantly, the title of the exhibition is Surreal Friends, open until September 12th, 2010. Here a very interesting video with Carrington herself (she still lives in Mexico City where her friendship with Varo and Horna flourished) talking about art.

mercoledì 11 agosto 2010

il tuca tuca

Il tuca tuca (qui il video) è una ballo di coppia inventato da Raffaella Carrà in occasione della trasmissione Canzonissima del 1970. Suo parnter fu Enzo Paolo Turchi. E' abbinato ad una canzone omonima scritta da Gianni Boncompagni e Franco Pisano, che fa direttamente riferimento alla danza, definita come "stranissimo ballo", il cui scopo è di sedurre l'amato. Qui il testo.
E' un ballo molto semplice che quasi tutti possono eseguire. I due danzatori stanno uno di fronte all'altro e, a turno, toccano (da cui il termine 'tuca'), con la punta delle dita delle mani, le ginocchia o le gambe, i fianchi, le spalle e il viso o testa dell'altro. Il toccare è in diagonnale, in quanto la mano sinistra tocca il ginocchio opposto del partner e così pure la destra. Una volta toccato il viso o la testa del partner, le mani toccano la propria testa, quasi a far passare l'energia da un corpo all'altro. Il movimento in diagonale conferisce dinamicità al gesto, che viene continuamente ripetuto e intervallato da un cambré all'indietro con gambe piegate, eseguito con un braccio in alto e l'altro che poggia a terra. E' l'unico movimento articolato di questo ballo che acquisisce spessore grazie alla canzone, il cui testo è ironico e allusivo. Carrà, come si evince dal video, indossava un costume che metteva in mostra il suo ombelico, fatto questo che destò scalpore.
Nonostante sia un ballo di coppia, il tuca tuca non prevede una divisione di genere come altri balli quali il tango. Ossia il ballerino e la ballerina non hanno ruoli diversi a seconda del loro genere (maschio o femmina), ma interscambiabili. Entrambi fanno lo stesso movimento a turno. Questo aspetto viene alterato per esempio quando Carrà esegue il tuca tuca con Alberto Sordi, il cui toccare si carica di una sensualità esplicita, quando, per esempio, egli si sofferma a toccare l'ombelico di Carrà facendo un saltello e spezzando la simmetria del ballo. Va da sé anche sottolineare che Carrà, essendo l'ideatrice del ballo e colei che canta la canzone ad esso abbinata, ha un ruolo preponderante rispetto al suo partner, ma fondamentalmente la struttura del ballo è simmetrica.
Lo scorso 8 agosto, per festeggiare il quarantesimo anno di vita di questo ballo, quasi 500 pesone si sono radunate a Bellaria, in occasione del festival Milleluci, per entrare nel Guinness World Record e ballare il tuca tuca per 5 minuti (qui l'articolo del Resto del Carlino). Dalle foto pubblicate, si può notare come questo ballo sia divenuto un fenomeno di costume strettamente collegato all'immagine di Carrà e capace di travalicare i generi. Le foto mostrano infatti uomini seminudi travestiti con parrucche gialle che ricordano la show woman, donne che ballano il tuca tuca insieme e così via.
La Lush Cosmetics ha di recente lanciato una fragranza ispirata al tuca tuca, qui il link. Per pubblicizzarla, ha organizzato degli happening con presunti commessi della catena impegnati a danzare il tuca tuca per strada, qui il link. Il logo della campagna rprende una celebre foto di Carrà e Turchi sulla copertina del singolo.

lunedì 9 agosto 2010

the hearing trumpet

Leonora Carrington, The Hearing Trumpet [1974] (London: Penguin, 2005).

This is a funny and visionary book that draws the reader into an esoteric and liberating end-of-the-world dimension. Its protagonist is Marian, an old lady who cannot hear very well, and is given a peculiar hearing trumpet, as a present, by her dear and eccentric friend Carmella. Thanks to it, Marian is able to hear of her son’s plan to send her to a “home for senile females”. Marian is not happy about this change in her life, but she is not given any choice.
This place is headed by a mysterious couple, Dr. and Mrs. Gambit who have set up a series of chores and activities for the ladies in the house. One of these activities is called “the movements” and consists of some physical exercises, like rubbing one’s own stomach “in a circular clockwise movement”. Marian reacts to her first session in an unpredictable way, by bursting into an uncontrollable laugh, a destabilising physical response to the silly physical exercises she is being asked to do. As Ali Smith notes in the introduction, Dr. Gambit theories’ are “a mix of cod-therapy talk and religious salesmanship”.
Soon Marian gets to know her fellow guests, who each live in a different space. Veronica Adams lives in a boot-shaped hut, Anna Wetz in a Swiss Chalet, Georgina Sykes in a circus tent, Natacha Gonzales in an Eskimo’s igloo, and Maude Wilkins and Vera Van Tocht share a bungalow “which must have once been a birthday cake”. In the meal-room, a curious figure in a painting attracts Marian’s attention and begins to recur in her thoughts and dreams. It is a winking nun, who seems to have been the head of the house when it was a convent centuries before.
The story takes a strange turn, when Marian is given a book about this nun by Christabel. Carrington begins a long digression centred on the life and adventures of this nun, who looks more like an esoteric witch than a daughter of God. Her name, Doña Rosalinda della Cueva, is imagined by Marian long before she actually knows about it, as if she were establishing an unconscious and direct bond with the nun. And, in fact, the nun represents a kind of catalysing force, which helps the protagonists to find her true self.
After this digression, the narration pace becomes tighter and the story takes unexpected turns. Maude is found dead and Marian attempts to find out how she died. Believing Maude to have been poisoned by Natacha and Vera, Marian and the others organise a hunger strike to get the two suspects out of the house. In this way, the story is transformed into a revolutionary social protest, where female old age is presented as an exciting adventure, as Marian herself affirms: “one would not have expected these kinds of problems in a home for senile old ladies”. The protest makes the ladies closer and more self-confident. In one fascinating scene, they all dance together by the bee pond of the institution:

We began by nodding our heads in time to the drumming, then our feet. Soon we were dancing round and around the pond, waving our arms and generally behaving in a very strange manner. (…) Never before had I experienced the joy of rhythmic dance, even in the days of foxtrot in the arms of some eligible young man. We seemed inspired by some marvellous power, which poured energy into our decrepit carcasses.

This liberating dance is quite different from Mrs. Gambit’s boring exercises and embodies the ladies’ now subversive approach to life. Marian, in particular, ventures into a journey of initiation where she meets and devours herself: “a mighty rumbling followed by crashes and there I was standing outside the pot stirring the soup in which I could see my own meat, feet up, boiling away merrily as any joint of beef”. The story takes a final surprising turn when the earth falls under a new glacial era where the animal and human worlds manage to reunite themselves and time seems a category of no importance.
The Hearing Trumpet is a rollercoaster of fantastic events cooked with subtle irony and signposted by Carrington’s own sophisticated illustrations.

domenica 8 agosto 2010

tra sorellanza e inferno (barbarulli)

Sul nuovo numero di Leggere Donna (luglio-agosto 2010), vi è un articolo di Clotilde Barbarulli dedicato a L'Università di Rebibbia (1983) di Goliarda Sapienza. Il titolo dell'articolo, "Tra sorellanza e inferno" (pp. 24-25) fa riferimento all'esperienza della scrittrice all'interno del carcere di Rebibbia. Qui un paio di frasi particolarmente significative:

"Goliarda Sapienza appare anomala perché esprime una resistenza soprattutto alla società esterna più che al carcere, che anzi le sembra una comunità accogliente."

"Nell'oggi, in cui il corpo è stuprato, sovraesposto, usato, pubblicizzato, strumentalizzato ed estetizzato, mentre sulle sue esperienze essenziali - dalla nascita alla morte, alla maternità - intervengono Chiesa, scienza, mercato, media, colpisce come Sapienza disseppellisca quella materia oscura di esperienza che la politica considera altro da sé: si tuffa in queste acque profonde (...) e ne risale arricchita."

appello Leggere Donna

sabato 7 agosto 2010

gap (khaki a-go-go)

La danza nella pubblicità non ha una lunga storia. Una delle prime interessanti pubblicità televisive (a mia memoria) ad inserire dei passi di danza è stata la statunitense Gap. Qui la clip che presenta un gruppo di danzatori (uomini e donne) che si susseguono in passi stile anni Sessanta, ispirati al coreografo Bob Fosse (si veda qui un estratto dal suo Sweet Charity per avere un'idea).
Sia gli uomini che le donne indossano i celebri pantaloni color kaki, corredati da magliette colorate (nere per gli uni e rosa e giallo pastello per le altre). I passi sono principalmente fatti di camminate e saltelli, coniugati con movimenti del bacino e del torso. Inoltre l'articolare delle braccia su e giù e lo scuotere e roteare ripetuto della testa (da parte delle donne dai capelli sciolti o lunghi), creano il sapore ironicamente retro della clip. Il ritmo incalzante della musica contribuisce a creare l'atmosfera gioiosa e frizzante. Il tutto è giocato sulla leggerezza, come il titolo della campagna "Khaki a-go-go" che riprende il fancesismo 'a gogo' per invitare i consumatori ad acquistare una valanga di pantaloni.

nie e gender (versione online)

In forte ritardo scrivo questo post per ringraziare i Wu Ming di aver messo online il mio articolo su New Italian Epic e gender, pubblicato sul numero di maggio-giugno 2009 di Leggere Donna. Qui il link (questo messaggio è stato inserito il 24 novembre 2009 nella sezione Leggere Donna, viene inserito ora nella sezione NIE di questo blog).

venerdì 30 luglio 2010

perchè il bambino cuoce nella polenta (recensione)


Aglaja Veteranyi, Perché il bambino cuoce nella polenta, traduzione e postfazione di Emanuela Cavallaro, Ferrara, Tufani, 2005, pp. 188, € 12.

Quello che colpisce subito di Aglaja Veteranyi è il linguaggio essenziale e asciutto e, al tempo stesso, surreale e poetico. Come sottolinea Emanuela Cavallaro che ha curato sia la traduzione che la postfazione sottolinea Veteranyi è romena ma scrive il libro in tedesco: “si sente la fatica, nelle frasi di Aglaja Veteranyi. Ma la fatica in senso positivo, la fatica dell’artista che lima e modella la lingua fino a trarne fuori il nucleo significante. Un nucleo puro, senza orpelli di sorta”.
Il libro, diviso in quattro parti, racconta le vicissitudini di una famiglia di artisti circensi fra nomadismo e povertà. Il tutto filtrato attraverso lo sguardo di una bambina, che a fatica diviene adolescente. Ella assorbe e rielabora tutto in maniera ironica e a volte sorprendente, a cominciare dal lay-out di sterneriana memoria e dall’uso di maiuscole per intere frasi, quasi a far risuonare visivamente le parole sulla pagina. “L’ESTERO NON CI CAMBIA. IN TUTTI I PAESI MANGIAMO CON LA BOCCA”. L’estero è tutto il mondo che non è la Romania, il paese da cui la sua famiglia è fuggita, il paese che rappresenta la miseria ma anche una idea di casa. La rottura con le proprie radici comporta un trauma che la costringe a reinventarsi un senso di casa: “NON POSSIAMO AFFEZIONARCI A NIENTE. / Io sono abituata a sistemarmi ovunque in modo da trovarmi bene. / Devo solo stendere su una sedia il mio fazzoletto blu. / Quello è il mare. / Accanto al letto ho sempre il mare. / Devo solo scendere dal letto, e già posso nuotare.”
Poi c’è la famiglia che non attenua il trauma, ma semmai lo rafforza. Sua madre esegue un numero stando appesa ai suoi capelli e la piccola narratrice vive nella paura che ella cada. Suo padre gira filmini amatoriali e stupra regolarmente la sorella più grande. Sua sorella le racconta la favola del bambino che cuoce nella polenta per distrarla dalla paura di perdere la madre, “se mi immagino il bambino che cuoce nella polenta e il male che gli fa, non penso più a mia madre che potrebbe cadere dall’alto, dice mia sorella”. Questa favola horror, che dà anche il titolo al libro, viene ripresa più volte ed è una sorta di metafora della storia della protagonista.
Le quattro parti raccontano di diverse fasi della sua vita. La prima è dedicata alla famiglia e al circo, la seconda alla permanenza sua e della sorella in un collegio svizzero, la terza al debutto come artista bambina in un night e la quarta alla sua vita dalla zia e, se vogliamo, alla morte dei suoi sogni. Esse non seguono però un filo narrativo preciso, ma rappresentano piuttosto una serie di istantanee e di impressioni spesso geniali. Nel collegio svizzero, dopo aver salutato la madre, la narratrice elabora la separazione a modo suo: “mia madre deve morire subito, pensai io, così la seppelliamo nel giardino sotto la nostra finestra. In estate le fragole avranno il sapore di mia madre” o anche “i nostri genitori non vengono. / Sono all’estero, dice la signora Hitz. / Ma anche qui siamo all’estero, diciamo noi. / QUANTI ESTERI CI SONO?”. Veteranyi ci regala una storia incredibile, bellissima e dolorosissima, una storia in cui c’è molto della sua vita, una storia di migrazione, esclusioni, traumi e sogni. Veteranyi è morta suicida nel 2002.

appello Leggere Donna

american document su danza&danza

Danza&Danza ha pubblicato una mia recensione di American Document di Anne Bogart sul numero ora in edicola di luglio e agosto 2010. American Document è ispirato all'omonimo lavoro di Martha Graham del 1938 e vede la collaborazione della SITI Company co-diretta da Bogart e dalla Martha Graham Dance Company.

mercoledì 21 luglio 2010

l'agenda rossa

- You Know, Nora, I don't see how is it possible to lose a diary of such a bright colour!
- It's a State mystery, Dora!

This refers to judge Paolo Borsellino's red diary, which got lost in the place where he was murdered, in Via D'Amelio, Palermo, on July 19th, 1992. In the diary, Borsellino wrote his thoughts and comments on his investigations on Mafia. Some say that the diary contains elements that connect Mafia with the Italian government. Here a video of last year's commemoration of the slaughter (scroll down for the English version of the article).

martedì 20 luglio 2010

postcards from new york (4)


The Joyce Theatre was founded in 1982 by dancers for dance. It is the place to see good contemporary dance in New York. I was there for the Martha Graham Dance Company 2010 New York season, last June. I first saw the Company there in 2003. I alway like looking at the audience in these occasions, as they comprise some of the past and present dancers that made and make dance history in the United States. For example, you may see an old lady and think she has come to bring her nephew to the event, and it may be true. However, it is very likely that she knew Martha Graham in person and was maybe part of her Company in the 1970s.

Il Joyce Theatre fu fondato nel 1982 da dei danzatori per la danza. E' il posto giusto per vedere della buona danza contemporanea a New York. Vi sono stata lo scorso giugno per la stagione newyorkese 2010 della Martha Graham Dance Company. Ho visto la Compagnia al Joyce per la prima volta nel 2003. Mi piace sempre guardare il pubblico in questi casi, in quanto include alcuni/e dei/lle danzatori/trici del passato e presente che hanno fatto e fanno la storia della danza negli Stati Uniti. Per esempio, potreste vedere una signora anziana e pensare che è venuta per portare sua nipote all'evento, e potrebbe essere vero. Tuttavia, è molto probabile che conoscesse Martha Graham in persona e che fosse un membro della Compagnia negli anni Settanta.

perchè il bambino cuoce nella polenta (4)

"La PENSIONE MADRID è una specia di ospizio per vecchi artisti. La maggioranza abita già da anni nelle proprie stanze, ballerini, prestigiatori e le loro assistenti.
La direttrice è la vecchia e magra Doña Elvira, che rifà lei stessa le stanze e sguscia tutto il giorno per i corridoi, carica di lenzuola bianche, origliando alle porte.
Una volta che l'ho sorpresa, mi ha detto: Controllo che nessuno muoia. Ma tu non preoccuparti di queste cose, arrivano sempre in tempo. E da sole."

Aglaja Veteranyi, Peché il bambino cuoce nella polenta, trad. Emanuela Cavallaro (Ferrara: Tufani, 2005), p. 140.

appello Leggere Donna

perchè il bambino cuoce nella polenta (3)

"Parlando, la signora Hitz alza la punta del naso come se stesse appesa a un gancio da macellaio. Il suo viso si allunga, la bocca si apre.

Entro nella signora Hitz.

Dentro, la signora Hitz è piena di scaffali sui quali stanno accoccolati piccoli poliziotti con piccoli blocchetti e piccole matite.
Di lavoro fanno la punta alle matite.
Chi consuma più velocemente la sua matita, può salire di un piano sullo scaffale.
Il più zelante diventa Re dei Temperamatite e può buttare giù i suoi scarti addosso agli altri."

Aglaja Veteranyi, Peché il bambino cuoce nella polenta, trad. Emanuela Cavallaro (Ferrara: Tufani, 2005), p. 106.

appello Leggere Donna

lunedì 19 luglio 2010

mirror mirror (2)


Specchio specchio (2)

mirror mirror (1)


This is the first drawing of a series dedicated to men's violence against women. In this case, I worked around the idea of men' relationship with themselves and with the crisis of their identity in today's world, where women are no more up to being their possession.

Specchio specchio (1)

Questo è il primo di una serie di disegni dedicati alla violenza maschile contro le donne. In questo caso ho lavorato attorno all'idea della relazione che gli uomini hanno con se stessi e della crisi della loro identità nel mondo di oggi, dove le donne non sono più disposte ad essere un loro possesso.

dance and politics

Danza e politica sono un buon binomio!

mercoledì 14 luglio 2010

the political dance project

During its last New York season at the Joyce Theatre, the Martha Graham Dance Company launched its Political Dance Project, which consisted of a thematic approach to Graham's world (what I like to call her choreosophy). I saw two performances from this season and am reporting about them on the criticaldance forum, at this link. This is an interesting project as it focuses on dances that, mainly in the 1930s, dealt with political questions, like the hardships of the Depression years and anti-fascism. Among them, Chronicle (1936) is probably the most powerful piece. Parts of it were reconstructed in the 1990s and called Sketches from Chronicle. Here is "Steps in the Street", the second of its three parted sections.

Durante l'ultima stagione newyorkese al Joyce theatre, la Martha Graham Dance Company ha lanciato il suo Political Dance Project, un progetto caratterizzato da una prospettiva tematica nei confronti del lavoro di Graham (ciò che amo denominare la sua coreosofia). Ho visto due spettacoli di questa stagione e ne sto parlando nel forum di criticaldance (in inglese), a questo link. Questo è un progetto interessante in quanto si incentra su delle danze che, soprattutto negi anni Trenta, ebbero a che fare con delle questioni politiche, come le sofferenze degli anni della depressione e l'antifascismo. Tra queste, Chronicle (1936) è probabilmente la più potente. Alcune sue parti vennero ricostruite negli anni Novanta e chiamate Sketches from Chronicle. Qui "Steps in the Street" la seconda parte del pezzo che in tutto ne ha tre.

sabato 10 luglio 2010

postcards from new york (3)


Once upon a time there was a film called Flashdance. It was released in 1983 and it soon became a cult. Now, in the Big Apple, there is a gentlemen's club whose name recalls that film title. Curiosly, in the film the protagonist, played by Jennifer Beals, did work in a gentlemen's club. Here one of the most famous dance scene. By the way, in the dance sequences, Beals is replaced by dancer Marine Jahan. In the final solo, a female gymnast and a male breakdancer are also used.

C'era una volta un film chiamato Flashdance. Uscì nel 1983 e divenne presto un culto. Ora, nella Grande Mela, c'è un club per soli uomini il cui nome riprende il titolo del film. E' curioso notare che nel film, la protagonista, interpretata da Jennifer Beals, lavorava in un night club per soli uomini. Qui una delle scene più famose. A proposito, nelle scene di danza più difficili, Beals è sostituita dalla danzatrice Marine Jahan. Nell'assolo finale, vi sono inoltre una ginnasta e un break-dancer.

giovedì 8 luglio 2010

postcards from new york (2)


This is the New York Public Library for the Performing Arts, my mecca in NYC. Here I spent most of my days!

Questa è la New York Public Library for the Performing Arts, la mia mecca a NYC. Qui ho passato la maggior parte delle mie giornate!

mercoledì 7 luglio 2010

postcards from new york (1)

I have been to New York last June for my research. This is a park behind the New York Public Library, 42nd Street Branch. There, I had a quick lunch after a morning spent searching for old articles from the 1940s, 1950s and 1970s. To me the trees almost look like dancers, don't you think?

Sono stata a New York lo scorso giugno per la mia ricerca. Questa foto rappresenta un parco dietro la sezione della New York Public Library siutata sulla 42° strada. Lì ho pranzato velocemente dopo una mattinata passata a cercare vecchi articoli degli anni Quaranta, Cinquanta e Settanta. Gli alberi sembrano quasi dei danzatori, non pensate?

change of look

I have changed the look of the blog, I was tired of all that pink! There are still a couple of things I have to sort out but I am quite happy with this new colours.

Ho cambiato il look del blog. Ero stanca di tutto quel rosa! Ci sono ancora un paio di cose che devo aggiustare, ma sono abbastanza contenta di questi nuovi colori.

venerdì 18 giugno 2010

very busy (occupatissima)

I am very busy with my PhD research at present and am unable to post regular updates. I will try every now and then.

Sono occupatissima con la ricerca del dottorato al momento e non riesco a inserire aggiornamenti con regolarità. Ci proverò di tanto in tanto.

giovedì 29 aprile 2010

cinedanzando

Sabato 29 maggio 2010 sarò a Roma a Cinedanzando per parlare del video di Letter to the World di Martha Graham.

Saturday May 29th, 2010 I will be in Rome at Cinedanzando to talk of the video documenting Martha Graham's Letter to the World.

lunedì 26 aprile 2010

c'è una donna

c'è una donna che è stata quasi stuprata
c'è una donna che si chiama Joy
ed è stata quasi stuprata
da un ispettore di polizia

Joy ha denunciato l'accaduto
Joy si è ribellata
ma Joy è rinchiusa in un cie
che cos'è un cie?
un cie è un lager
dicono sia un centro di identificazione ed espulsione
dicono

Joy ha denunciato
Joy è stata quasi stuprata
Joy ha tentato il suicidio
Joy soffre
Joy aspetta
Joy resiste

Ispirata a questo evento...

sabato 24 aprile 2010

whale talking (7)

"Suddenly the sea was filled with awsome singing, a song with eternity in it, a song to the land:
You have called and I have come,
bearing the gift of the Gods
The dark shape rising, rising again. A whale, gigantic, A sea monster."
Witi Ihimaera


The white whale is singing to me
the white whale is calling my name

we have been apart for weeks
and I feel empty and destabilised

I will reply to the white whale's chant
I will look into her (funnily enough it has become a 'she' during this journey)
eyes and activate my power to create
meaning through words...

domenica 4 aprile 2010

ru486


- Have you heard, Nora? They want to block the distribution of the RU486!
- Yes, I have, Dora. Unfortunately, the affirmation of totalitarian regimes often passes through the control of women's bodies!

note- the RU486 is an abortion pill, that has been and still is at the centre of many discussions in Italy. Recently two members of the League Party have affirmed that they intend not to distribute it in the regions where they are presidents. This was said in spite of the fact that the pill is legal in Italy.

sabato 27 marzo 2010

whale talking (6)

Sometimes you need to let the whale go
sometimes you need to make some space
create a distance
so that you can take a look from a different perspective

I am trying to see it as an organic entity
which insistently floats around me
I am looking at its structure
its frame

it is beautiful and scary
huge and fragile

viaggio nel labirinto graham

Ieri ho tenuto una lezione su Martha Graham alla Luna Dance Center di Ancona intitolata "Viaggio nel labirinto Graham". La Luna è una delle poche scuole di danza dove si organizzano lezioni di storia della danza. E' stata un' esperienza molto bella. Ringrazio ancora Cristiano Marcelli per avermi invitato, Simona Ficosecco, per la sua energia e Beatrice Vitali per l'aiuto.

giovedì 18 marzo 2010

due parole su "cats"

Passando vicino ad un cartello pubblicitario, ho notato lo slogan per promuovere Cats: "Il musical dell'anno!" Ho sorriso e pensato. Sorriso perché quello che in Italia è nel 2010 il musical dell'anno in paesi come Inghilterra e Stati Uniti è un classico nato nel 1981. Pensato perchè questo dato è indicativo sullo stato dell'arte in Italia, che ha visto, negli ultimi anni, un vero e proprio boom nei confronti del musical di matrice angloamericana.
Cats è un musical ispirato ad un libbricino di poesie di T. S. Eliot, Old Possum's Book of Practical Cats e a Londra vantava un teatro ricostruito ad hoc, il New London Theatre, fatto di una piattaforma mobile e ricco di effetti speciali. Ho visto Cats più di dieci anni fa in quel teatro e ricordo ancora i danzatori-gatti che entravano furtivi passando in mezzo al pubblico...

dance is a cultural thing

La danza non è una cosa naturale, ma culturale!

martedì 16 marzo 2010

whale talking (5)

It is as if the whale were
slowly poisoning me,
the closer I get
the harder it is to taste the world outside its belly;
I am on a mission,
I know where I am going
I know the risks are very high
and yet I live and breathe with/in this big white whale...

giovedì 11 marzo 2010

cracovia danza court ballet

Pubblico qui di seguito la sofisticata recensione che Maria Cristina Esposito ha scritto su di uno spettacolo molto interessante:

CRACOVIA DANZA COURT BALLET
"LA FORTUNA – La dama con l’ermellino"
Pawel Winsczyk
Direttore Romana Agnel
Coreografia e regia Barbara Sparti
Ricostruzione coreografie quattrocentesche
41° Festival Internazionale ‘Urbino Musica Antica’ Urbino, 18 luglio 2009 – Teatro Raffaello Sanzio

Il 41° Festival Internazionale ‘Urbino Musica Antica’ (Urbino, 18-28 luglio 2009) è stato inaugurato presso il Teatro ‘Raffaello Sanzio’ dal Cracovia Danza Court Ballet con lo spettacolo “La Fortuna – La dama con l’ermellino”. Unica rappresentazione in Italia, lo spettacolo ha debuttato nel 2006 nell’ambito del VII “Cracovia Danza” Court Dance Festival ed è stato inserito nel 750° Anniversario della fondazione di Cracovia.

Ispirato al famoso ritratto di Leonardo da Vinci La dama con l’ermellino, conservato al Museo Czartoryski di Cracovia, esso si presenta come un ‘balletto-pantomima’ sul tema della Fortuna e si incentra sulla figura di Cecilia Gallerani – per l’appunto la dama ritratta da Leonardo - nobildonna amata da Lodovico Sforza, Duca di Milano dal 1494 al 1500 ( più noto come Lodovico il Moro). L’allestimento ha come punto di riferimento gli spettacoli di corte del Rinascimento italiano; per questo lavoro la regista e coreografa Romana Agnel ha utilizzato fonti storiche e coreografie originali - come quelle rappresentate nella Festa del Paradiso, della quale scene e costumi furono disegnati dallo stesso Leonardo - avvalendosi della consulenza e delle ricostruzioni di una delle massime esperte internazionali in materia, Barbara Sparti.

La struttura circolare dello spettacolo – che si apre nel prologo (balletto la Fortuna) con la preparazione del ritratto della Dama dell’ermellino e ce lo restituisce realizzato al termine del balletto (canzona Fortuna desperata) – si regge su un canovaccio articolato in quattro quadri, all’interno dei quali danze e balli del repertorio quattrocentesco evocano le alterne vicende delle donne amate da Lodovico.

Nel primo quadro, il prologo, Cecilia Gallerani si appresta ad essere ritratta da Leonardo; nel secondo quadro, che celebra l’amore tra Cecilia e Lodovico, il lieto soggiorno nella corte sforzesca viene evocato dai balli di Domenico da Piacenza, tra i quali spicca una gioiosa Tessara felicemente eseguita con fasci di fiori in luogo dei tradizionali ‘paniselli’ (ma al riguardo esiste una descrizione di danzatori "con cerchii cinti di fronde" ad una festa a Bologna del 1487, nonché un murale -"graffito"- attualmente al Museo di Prato). La Fortuna favorisce tuttavia la giovane Beatrice d’Este, figlia del Duca di Ferrara e sorella minore della più famosa Isabella d’Este (la donna alla quale, in realtà, Lodovico ambiva) : il terzo e il quarto quadro si disegnano così sul gioco alterno di amori e gelosie che vedono da una parte le nozze di Lodovico con la giovane Beatrice, pur sfortunata nel tentativo di conquistare l’amore del Duca (le note storiche ci ricordano, tra l’altro, che Beatrice muore a soli 22 anni di parto); dall’altra l’abbandono e l’allontanamento di Cecilia dalla corte milanese e la sua consegna definitiva alla storia attraverso il ritratto di Leonardo.

Il trono ducale, sul quale si avvicendano i protagonisti della storia, appare come metafora degli alterni casi della Fortuna. Ben delineati i personaggi: nobile e autorevole Lodovico, quasi altera Beatrice d’Este, delicata Cecilia Gallerani - che all’epoca del ritratto aveva tra i quindici e i diciassette anni, e alla quale vanno riferite, come lascia intendere lo stesso Leonardo, le virtù di equilibrio e pacatezza simboleggiate dall’ermellino.

Nel complesso, l’intera Compagnia ha affrontato con entusiasmo e professionalità un repertorio di danza raramente rappresentato. Le danzatrici hanno saputo ben tradurre quanto richiesto da Guglielmo Ebreo alla ‘giovane donna et virtuosa’: “il movimento suo corporeo vuole essere humile & mansueto con un portamento della sua persona degno et signorile, et legiera in sul pie’, et i suoi gesti ben formati”. Fresche e ricche di dinamica le pantomime, in particolare quella della Piva, nella quale due giovani danzatori “formosi, destri e legieri e di gratia ben dotati” (ancora Guglielmo Ebreo, ‘Capitolo di movimento corporeo’) con ‘sgambitti’ e ‘capriole’ fanno sfoggio di capacità acrobatiche – a ricordarci che i virtuosismi maschili, prima ancora che nella danza accademica, sono presenti già nella danza cortese del XV secolo. Giocano sull’ironia la moresca del Dragone e la singolare ‘scena delle cornici’, come la divertente pioggia di caramelle sul pubblico che preannuncia la festa, mentre un’ombra di malinconia pervade la conclusione dell’ultimo quadro: qui i passi del ballo Amoroso, eseguiti da tutta la Compagnia, accompagnano nell’ultima contesa amorosa l’uscita di scena di Cecilia – quasi una scena di teatro-danza pur nel pieno rispetto della coreografia originale.

Come nella traduzione di un testo poetico antico – dove il rigore filologico va unito alla capacità di individuare le specifiche soluzioni interpretative (inevitabilmente soggettive) con le quali il traduttore ‘consegna’ il testo al suo tempo, permettendo l’incontro col pubblico – così nella danza ‘antica’ la riproposta del repertorio in sede teatrale richiede competenze filologiche ma anche poetiche. Quando l’oggetto ‘consegnato’ è costituito da danze di corte del 1400 che rivivono su un palcoscenico moderno, la sua ‘traduzione’ attraverso i corpi di danzatori del XXI secolo (operazione che pone non poche questioni sul come affrontare la messa in scena di quella tecnica e quello stile, creati per interpreti e contesti assolutamente differenti) si presenta meno facile di quanto ci si potrebbe aspettare. Ed è stato proprio questa ‘traduzione’ da parte della Cracovia Danza Court Ballet l’aspetto più stimolante ed affascinante della serata.

I costumi, disegnati da Martine Pichot e Monika Polak-Luoecinska, sono ispirati all’iconografia dell’epoca e coniugano sapientemente disegno storico e peso teatrale. Bravi “Ars Cantus Early Music Ensemble”, che nel non facile lavoro di accompagnamento delle danze hanno saputo mantenere i ritmi dello spettacolo. Brava la giovane regista e coreografa Romana Agnel, fondatrice del Cracovia Danza Court Ballet, che partendo dal ritratto leonardesco ha creato una performance raffinata e scorrevole, ben equilibrata tra filologia ed invenzione drammaturgica, capace offrire al pubblico del Festival Internazionale di Urbino – patria ideale della danza antica nella figura di Guglielmo Ebreo, che qui operò presso la corte dei Montefeltro - interessanti spunti di riflessione sulla vitalità e le possibilità di ‘traduzione’ contemporanea della danza di corte del XV secolo.

Maria Cristina Esposito