La traviata, scene di Josef Svoboda. |
10 luglio 20-- Rosa era andata a trovare un’amica a Macerata. Erano uscite a bere una cosa e avevano incontrato due amici di lei, Giuseppe e Ángel, coi quali avevano chiacchierato un po'. Giuseppe le aveva stretto la mano e sorriso, Ángel aveva parlato soprattutto con la sua amica. Si erano salutati ripromettendosi di sentirsi su facebook. Detto fatto. E subito dopo Giuseppe aveva condiviso dei versi di “A Silvia” di Leopardi sulla sua pagina, colpendo Rosa immediatamente:
Tu pria che l’erbe inaridisse il
verno,
da chiuso morbo combattuta e
vinta,
perivi, o tenerella. E non vedevi
il fior degli anni tuoi;
Il morbo che conduce
Silvia alla morte è la tubercolosi, una “malattia letteraria”, come alcuni
dicono, perché ricorre in molte opere di prosa e poesia. È anche una
malattia che ritroviamo nell’opera lirica, Rosa ricordava sempre La traviata,
scene magistrali di Josef Svoboda, che aveva
visto allo Sferisterio di Macerata in una torrida estate di agosto. Lo
specchio gigante delle scenografo ceco crea un'ambientazione onirica
che si raddoppia dando vita a due dimensioni comunicanti fra loro con
colori e forme inusitate. Alla fine dell'opera, lo specchio si apre
includendo il pubblico e trasformando le due dimensioni in qualcosa di più stratificato che ricorda l'apertura di una porta verso un'altra dimensione. Le era piaciuto tanto quell'effetto.
C'era stata con la madre. La madre. Sua madre da giovane aveva sofferto di tubercolosi e da qualche mese la malattia si era riattivata. Era iniziato tutto con una tossetta quasi da niente che era divenuta preoccupante fino a quando le analisi avevano confermato il sospetto di TBC. E lì era iniziata una via crucis di antibiotici e preoccupazioni, perché di tisi ancora si moriva e si muore. Quei versi sembravano dire a Rosa che non era sola, che altri avevano vissuto e probabilmente stavano vivendo quella stessa situazione. Giuseppe non sapeva nulla di tutto questo, ma le aveva massaggiato il cuore toccandola in una cavità profonda che le pareva ormai sepolta. Rilesse i versi, gli occhi le si inumidirono e la bocca sorrise.
C'era stata con la madre. La madre. Sua madre da giovane aveva sofferto di tubercolosi e da qualche mese la malattia si era riattivata. Era iniziato tutto con una tossetta quasi da niente che era divenuta preoccupante fino a quando le analisi avevano confermato il sospetto di TBC. E lì era iniziata una via crucis di antibiotici e preoccupazioni, perché di tisi ancora si moriva e si muore. Quei versi sembravano dire a Rosa che non era sola, che altri avevano vissuto e probabilmente stavano vivendo quella stessa situazione. Giuseppe non sapeva nulla di tutto questo, ma le aveva massaggiato il cuore toccandola in una cavità profonda che le pareva ormai sepolta. Rilesse i versi, gli occhi le si inumidirono e la bocca sorrise.
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