Teléfono afrodisiaco di Salvador Dalí , 1938. |
Giuseppe era laureato in storia dell'arte e la sua pagina facebook traboccava di immagini e citazioni di artisti di ogni epoca, una vera festa per gli occhi di cui Rosa si cibava come fosse una linfa vitale. Ne sapeva poco di arte, ma era come ipnotizzata da quei post. Dopo la laurea, Giuseppe aveva trovato lavoro presso il Museo della Carrozza di Macerata, un posto bellissimo, con carrozze d'epoca restaurate secondo un percorso cronologico. Stava in biglietteria e all'occorrenza faceva da guida a gruppi o singoli che venivano a visitare il museo. Poi il contratto non gli era stato rinnovato e aveva cercato lavoro in altri musei senza successo. Ora lavorava in banca, anche qui con un contratto a tempo determinato, una spada di Damocle sul collo condita da un ambiente di lavoro asfissiante. Di arte non vi era quasi traccia, salvo che per lo studio del direttore dove figuravano un paio di quadri niente male di quotati pittori locali. Ogni tanto ci passava davanti e sbirciava le linee, lo stile, l'uso dei colori, delizie per i suoi occhi.
Giuseppe, inoltre, aveva iniziato a 'parlare' a Rosa con i suoi post, rispondendo a frasi che lei scriveva con riferimenti a quadri o artisti. Certo, Rosa pensava fra sé e sé, probabilmente si trattava solo del frutto della sua immaginazione, un'intuizione, ma creava un calore strano dentro di lei, un pizzicorino saporito col quale si trastullava ogni volta che era online.
Un giorno Rosa aveva pubblicato la foto del suo cellulare nuovo, uno smartphone che avrebbe imparato ad usare col tempo. Era un modo per rispondere alle battute di un'amica che la prendeva sempre in giro per il telefonino arcaico che si era tenuta fino a quel momento. Giuseppe, poche ore dopo, aveva pubblicato l'immagine di un'opera di Dalí, Teléfono afrodisiaco e Rosa aveva pensato, cavolo, o mi sta dicendo che gli piacciono le aragoste oppure mi sta chiedendo il numero di telefono. Aveva riso divertita.
I telefoni appartenevano alla sua vita lavorativa da qualche anno. Rosa infatti lavorava in un call centre, anzi il call centre del paesino dove viveva. Era uno dei più importanti d'Italia e si occupava di cartomanzia. Rosa era laureata in lettere, aveva provato a imbarcarsi nella carriera giornalistica, collaborando con qualche rivista della zona, ma un giorno il padre aveva lasciato casa, dicendo di avere un'altra donna, e sua madre, che era pensionata, era caduta in depressione e le ambizioni di Rosa erano di colpo precipitate nel nulla. Al call centre aveva uno stipendio non buono, ma fisso e questo le permetteva di sopravvivere con la madre. Il telefono di Dalí attivava una serie di associazioni lontane dal grigiore del call centre, era elegante, con quel gusto rétro e l'aragosta a dare il tocco afrodisiaco e cromatico.
Rosa decise di rispondere a modo suo. Prese un cruciverba della Settimana Enigmistica e riempì solo i campi che corrispondevano al suo numero di telefono inserendo sia le parole in orizzontale che in verticale per i numeri doppi. Poi scrisse sotto le parole secondo l'ordine del numero. Ne aveva trovato uno che faceva al caso suo, lo fotografò e lo inserì su facebook.
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